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Speciale tra multicloud e supercloud

Se fino a non moltissimo tempo fa si parlava semplicemente di un “cloud”, oggi le declinazioni del paradigma cloud sono numerose, così come le relative definizioni. Ecco quindi che può rivelarsi utile analizzare lo stato della transizione dall'IT tradizionale all'as a Service esaminando nel dettaglio quali possono essere i vantaggi offerti dalle diverse opzioni

Autore: Edoardo Bellocchi

Se fino a non moltissimo tempo fa si parlava semplicemente di un “cloud”, oggi le declinazioni del paradigma cloud sono numerose, così come le relative definizioni. E se “multicloud” è ormai ampiamente sdoganato, comincia ad affacciarsi anche la novità “supercloud”, che si riferisce alla creazione di un'infrastruttura cloud in grado di integrare diverse piattaforme e servizi cloud in un unico ambiente. In questo modo, le aziende possono utilizzare le risorse di diversi fornitori di servizi cloud in modo più efficiente e flessibile.

Ma quali sono oggi le diverse opzioni possibili nella transizione dall'IT tradizionale all'aaS e soprattutto quali i vantaggi offerti dalle diverse scelte? E come governare al meglio un panorama tecnologico cloud che ha ampliato notevolmente i propri confini? Come orientare le aziende nella scelta del tipo di cloud giusto per le loro esigenze, la definizione di politiche di sicurezza e governance e la pianificazione della migrazione delle applicazioni e dei dati esistenti?

Il cloud maturo

È un fatto che anche sul mercato italiano sta continuando il percorso di maturazione nei confronti del cloud computing come modello di delivery dei servizi IT. “Con l’arrivo della pandemia, si è assistito a una forte accelerazione nei percorsi di adozione legata alla necessità delle aziende di garantire un livello di produttività e sicurezza anche in configurazioni di remote working e home working”, spiega Sergio Patano, Associate Director, Consulting and Custom Solutions di IDC Italia, facendo però notare che “continua a persistere uno ‘zoccolo duro’ che sembra essere refrattario a questo genere di innovazione. Si tratta di un 15 per cento circa di realtà italiane, che continuano a preferire un modello infrastrutturale basato sull’on premise o sulla colocation come unico modello”.

Le ragioni di questa sorta di resistenza “possono essere molteplici e non sono addebitabili alla resistenza al cambiamento tipica che limita le potenzialità di molte realtà”, prosegue Sergio Patano, evidenziando che “accanto a questa, ci può per esempio essere anche la non necessità di una migrazione o meglio la non economicità di una migrazione verso il cloud: molte realtà hanno infatti constatato che spesso i vantaggi non sarebbero giustificabili rispetto ai costi da sostenere. Ma vi sono anche altre realtà che citano la paura di un lock-in tecnologico nei confronti del cloud service provider come ragione di una mancata migrazione”.

Detto questo, “quello che le aziende hanno però compreso in questi ultimi anni rispetto agli albori del cloud è che non tutto deve essere fatto migrare per forza, ma che è necessario pianificare un percorso di migrazione che poggi le sue basi su un corretto assessment dello status quo infrastrutturale e degli obiettivi di trasformazione”, sottolinea IDC.

L’ibrido al top

Accanto a questa tipologia, “troviamo anche un gruppo di aziende (il 10 per cento circa), che sono invece molto più propense all’adozione del cloud, che dichiarano durante le survey di adottare il cloud come principale modello di delivery; inoltre, per l’1 per cento delle aziende, il cloud è diventato l’unico modello infrastrutturale”, spiega Sergio Patano, facendo notare che "la maggior parte delle realtà si divide tra modelli ibridi, con preponderanza per l’on premise o per il cloud dettata da preferenze di gestione o dalla pura necessità, che sia normativa, di business o strategica”.

In ogni caso, “le aziende che si aprono al cloud hanno anche compreso che il pericolo di lock-in può essere ridotto notevolmente se ci si appoggia a modelli ibridi e multicloud che garantiscono by design la migrazione di infrastrutture, workload e applicazioni tra un cloud o l’altro”, sottolinea IDC, spiegando che “diventa poi automatico per le organizzazioni che hanno adottato il cloud passare al multicloud, al fine di cogliere i vantaggi che ciascun cloud service provider può offrire loro in termini di latenza, economicità, flessibilità e sicurezza, andando a costruire un ambiente multicloud su misura per le proprie esigenze”.

Esigenze da soddisfare

Passando a esaminare le esigenze espresse dalle aziende in relazione al cloud, “quelle che si orientano verso modelli di cloud multiplo hanno la necessità di elevare il livello di governance infrastrutturale, per evitare di perderne il controllo e per non trasformare in un boomerang quella che potrebbe essere una strada per ridurre i costi e aumentare le potenzialità di supporto per il business”, evidenzia Sergio Patano, spiegando che “per questo motivo hanno la necessità di adottare per esempio soluzioni di osservabilità per trasformare i dati generati dall’infrastruttura stessa in insight per migliorare la flessibilità, eliminando i colli di bottiglia, la sicurezza, anticipando possibili attacchi, e la stabilità, anticipando e rimuovendo le probabilità di un down infrastrutturale”.

Un’altra delle necessità è quella legata alla connettività: “in un’infrastruttura che è sempre più distribuita tra on-premise, cloud molteplice, edge, IoT e altro, la velocità con cui i dati riescono a muoversi diventa fondamentale per garantire non solo un Time-to-market migliore ma anche un più veloce recovery in caso di disastro”, prosegue IDC.

Infine, sono i dati sono la vera chiave di volta in questo ambiente, in quanto “possono fornire insight su clienti, anticipare trend di mercato, fornire informazioni per la manutenzione infrastrutturale, oppure anche essere rivenduti”, fa notare Sergio Patano, sottolineando che “le aziende devono quindi imparare a gestirli, proteggerli, monetizzarli e valorizzarli, anche e soprattutto per creare innovazione, non solo in termini di nuovi prodotti e servizi da lanciare sul mercato, ma anche per migliorare processi, ridurre i tempi di fermo e instaurare una cultura meritocratica basata su dati obiettivi. Grazie ai dati, le organizzazioni hanno anche la necessità di un unico cruscotto di controllo opportunamente dotato di soluzioni di intelligenza artificiale e machine learning per migliorare la gestione dell’infrastruttura, al fine di mantenere il controllo delle risorse in uso ed evitare sprechi e rischi”.

Nelle pagine che compngono questo Speciale,. le risposte delle aziende alle nostre due domande

1 - Per la vostra percezione del mercato italiano, quali ritenete sia oggi la maturità delle aziende rispetto alle diverse opzioni cloud?

2 - In questa evoluzione, quali esigenze principali esprimono le aziende e come vi proponete di soddisfarle?

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Puoi trovare la versione completa dello speciale sulla rivista "ImpresaCity Magazine".

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