L’affermazione della stampa 3D tra prototipazione e produzione

L’affermazione della stampa 3D tra prototipazione e produzione

In forte crescita l’uso dell’additive manufacturing. Aumenta la disponibilità di materiali. Siamo passati dalla fase dell’entusiasmo a quella della concretezza

Autore: Francesco Pignatelli



Solo due o tre anni fa gli utilizzi della stampa 3D nelle imprese conquistavano regolarmente grande attenzione da parte del pubblico business, e non solo. Eppure si trattava quasi sempre di applicazioni sperimentali o limitate alla prototipazione: le premesse erano molto buone, in sostanza, ma localizzate in ambiti di nicchia. Ora invece il panorama è decisamente diverso. Anche se interessano meno la platea dei “generalisti”, le tecniche e le applicazioni della stampa 3D hanno fatto grossi passi in avanti e non si parla più di prototipazione ma di produzione, sia pure in ambiti specifici. Cerchiamo di capire meglio in che direzione sono andati tali sviluppi e come possono interessare le imprese.

L’additive manufacturing è un settore ormai molto esteso, dato che le tecniche di stampa 3D sono numerose e in continua crescita. Premesso questo, è innegabile che le aziende utenti si siano concentrate sulle tecniche più collaudate e su cui comunque i vendor investono: la stampa a deposizione (FDM, Fused Deposition Modeling), la sinterizzazione (SLS, Selective Laser Sintering) e la stereolitografia (SLA). Le tre tecniche hanno una diffusione complessivamente analoga, le differenze si vedono quando ci si concentra su un settore di mercato piuttosto che su un altro. Ad esempio, le applicazioni in campo aeronautico vedono in forte ascesa la sinterizzazione di polveri metalliche mentre molte applicazioni medicali sono storicamente campo della stereolitografia.

Ma con l’evoluzione delle tecniche, e soprattutto dei materiali, il panorama può cambiare velocemente e più che per settore a volte conviene ragionare in base al tipo di applicazione e all’obiettivo che ci si pone, definendo di conseguenza la tecnica più opportuna. I principi base delle tre tecniche principali peraltro non sono cambiati, la forte evoluzione tecnologica ha agito soprattutto sulla precisione nelle fasi di produzione additiva e sulla possibilità di usare materiali con caratteristiche mirate. Il fattore precisione è stato identificato subito come un elemento chiave per far affermare il 3D printing in qualsiasi tipo di produzione, andando oltre la semplice prototipazione.

Un prototipo è per definizione unico e si può accettare che non sia fedelissimo al progetto di partenza, invece i pezzi creati in produzione - anche per piccoli lotti - devono restare all’interno delle tolleranze definite in progettazione e soprattutto devono avere le medesime proprietà meccaniche e fisiche. Un pezzo cioè deve essere uguale all’altro, cosa che qualche tempo fa sarebbe stata impossibile da ottenere e che invece oggi è concepibile. Servono stampanti 3D che monitorano costantemente il loro processo produttivo e compensano da sole eventuali scostamenti dall’ideale, i principali vendor si stanno muovendo proprio in questo senso.

Anche i materiali contano - molto più di quanto si creda - e lo sviluppo di nuove polveri, plastiche, resine e polimeri è diventato un campo molto dinamico della stampa 3D. Questo ha permesso anche di cambiare il punto di vista delle imprese utenti. Il punto non è più solo capire cosa sia possibile produrre in base ai materiali disponibili ma anche cercare di sviluppare, insieme ai vendor, materiali nuovi che soddisfino i requisiti di chi deve produrre. La definizione di nuovi materiali e lo sviluppo delle caratteristiche tecniche delle stampanti vanno di pari passo, peraltro. Ad esempio non sarebbe possibile usare polveri metalliche con specifiche caratteristiche fisiche se non si fossero nel frattempo sviluppate stampanti con laser di elevata potenza, che raggiungono le temperature necessarie per fonderle.