Il richiamo all'on-prem di VMware

Il VMware Explore di Las Vegas diventa il palcoscenico per l'approccio sempre più onnicomprensivo della VMware Cloud Foundation: tutto il meglio del cloud, però in casa.  

Autore: f.p.

Nel suo keynote all'evento VMware Explore in corso a Las Vegas, il CEO Hock Tan non è andato tanto per il sottile. "La maggior parte di voi continua ad essere frenata da infrastrutture legacy", ha ricordato alle aziende presenti, sottolineando che "la risposta non è correre verso il cloud pubblico come avreste fatto anni fa" ma "rimanere on-premise". Affermazioni in controtendenza con il pensiero generale, secondo il quale il cloud pubblico non sarà la soluzione più economica ma sembra comunque la più indicata per le aziende che sentono la necessità di avere a disposizione da un lato flessibilità dell'IT, dall'altro le funzioni più evolute del momento.

La visione di VMware è diversa: la soluzione ideale per le imprese, o perlomeno per la maggior parte di esse, non è puntare al cloud pubblico ma usare le tecnologie del cloud all'interno della propria infrastruttura realizzando ambienti di cloud privato. La peculiarità di questa posizione è che lascia poco spazio anche all'ipotesi del cloud ibrido, cavalcata dalla gran parte del mercato: si tiene in casa quello che si deve, spesso per motivi di compliance e privacy, e si usa il cloud pubblico per tutto il resto, specie per le funzioni più innovative.

Secondo VMware, invece, una piattaforma come la sua VMware Cloud Foundation (VCF) ha tutto quello che serve alle imprese oggi e rende davvero possibile scegliere il cloud privato al posto di quello pubblico. "Il private cloud - spiega Tan - permette ai team IT di proteggere il business, mantenere il controllo e comunque muoversi rapidamente. Ma per troppo tempo la maggior parte dei cloud privati non è stata al livello del cloud pubblico: erano stack disconnessi di computing, storage, networking. In quello stato frammentato, non potevano proprio dare lo stesso livello di esperienza per gli sviluppatori, scalabilità, sicurezza, velocità. VMware Cloud Foundation 9.0 cambia tutto questo".

Ma VCF 9.0 è una novità relativamente recente, così l'evento Explore diventa una vetrina non tanto per quest'ultima quanto per un insieme di componenti che la arricchiscono e, nelle intenzioni, danno ulteriore forza al richiamo all'on-prem di VMware. In particolare, in questo senso VMware ha buon gioco nel puntare sull'Intelligenza Artificiale come elemento critico: le aziende sono interessate ad usarla, ma sono anche sempre più preoccupate per i potenziali costi legati agli specifici servizi cloud, per il rischio di lock-in e per la privacy dei loro dati. Meglio fare tutto in casa, spiega VMware, grazie alla integrazione dei Private AI Services in VCF 9.0.

I VMware Private AI Services - che esistevano già, ma come componente separato dalla VCF - comprendono un po' tutto quello che serve per implementare modelli di AI, creare agenti virtuali, ottimizzare la gestione dei propri dati in funzione del loro uso in applicazioni di AI. Tra l'altro, una delle novità presentate a Explore in questo ambito è il supporto del Model Context Protocol, che facilita il collegamento tra agenti AI e i dati interni di un'azienda conservati nei propri database, repository e tool di terze parti.

Il lato AI della VCF è anche frutto della collaborazione di VMware con Nvidia, una partnership che sta andando concretamente avanti proprio per rafforzare l'immagine della VCF come piattaforma "AI nativa". All'evento Explore sono state annunciate diverse novità interessanti in questo senso, tra cui soprattutto il supporto per tutte le recenti innovazioni hardware e software di Nvidia stessa, dalle GPU Blackwell ai sistemi HGX B200 passando per il networking ad alta velocità e la galassia in espansione dei microservizi NIM.

Risulta interessante anche la collaborazione che VMware sta portando avanti con Canonical, la casa madre della distribuzione Linux Ubuntu, che si sta man mano ritagliando una fetta non trascurabile del mercato aziendale. Qui la novità non è tanto il supporto di Ubuntu all'interno della VCF, ma la scelta da parte di VMware di adottare e spingere i "chiseled container" di Ubuntu come strada per una containerizzazione "leggera" e sicura di ambienti applicativi e di sviluppo.

Il principio alla base dei container "cesellati" è che una particolare applicazione o piattaforma da containerizzare quasi certamente non ha bisogno di tutti i package di una distribuzione Linux di partenza, per cui questa può essere scomposta e riassemblata tenendo solo i package - e persino solo loro parti - che servono davvero. Il risultato è un container più piccolo di quelli tradizionali e anche più sicuro, perché avere meno componenti significa anche ridurre la superficie di attacco.

E a proposito sempre di sicurezza, le immagini di Ubuntu all'interno della VCF conterranno driver precompilati per le GPU, eliminando la necessità di "aprire" una macchina virtuale verso Internet per scaricare proprio questi driver da repository esterni. Un elemento importante negli ambienti che cercano di essere il più "isolati" possibile.

Il messaggio di VMware riuscirà a convincere la sua platea potenziale? Che la società punti decisamente sul cloud privato non è una sorpresa: restare al traino degli hyperscaler come una delle tante opzioni dei loro cloud non è davvero vantaggioso - gli stessi hyperscaler stanno corteggiando gli utenti VMware, peraltro - e VMware può comunque contare su una storia di sviluppo tecnologico che, se ben cavalcata, è di valore per le imprese. D'altronde, stiamo pur sempre parlando della software house che ha di fatto inventato la virtualizzazione enterprise. Inoltre, è un dato di fatto che il cloud pubblico non è più quella scelta obbligata di qualche anno fa, quando rischio di lock-in, privacy e sovranità digitale erano argomenti quantomeno vaghi.

Il punto semmai è capire quanto la "VMware by Broadcom" riuscirà a riprendere rapidamente l'immagine di forte ma anche solida innovazione tecnologica che aveva la vecchia VMware: una perplessità che gli annunci di Explore, e non solo all'edizione 2025, cercano evidentemente di eliminare, bilanciando l'impostazione stile "prima rinforziamo il business" dell'immediato post-acquisizione. Conterà anche la capacità di VMware di conquistare e mantenere i clienti non necessariamente di grandi dimensioni: quelli che non sono già passati del tutto (o affatto) in cloud, che sono più spaventati dai suoi costi e dalla difficoltà di gestione e che, proprio per questi motivi, alla proposizione private cloud potrebbero davvero essere molto sensibili.


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