Ofcom: il mercato cloud non funziona

L'Authority britannica punta il dito contro le politiche da lock-in degli hyperscaler come AWS e Microsoft. E passa la palla all'Antitrust.

Autore: f.p.

"Abbiamo esaminato in profondità la spina dorsale digitale della nostra economia e abbiamo scoperto alcune pratiche preoccupanti, che coinvolgono anche alcune delle più grandi aziende tecnologiche del mondo": non l'ha mandata troppo a dire Fergal Farragher, che per conto dell'Ofcom britannico - l'equivalente della nostra Agcom - sta conducendo uno studio sul mercato cloud di Oltremanica. Studio che, a quanto pare, apre la strada ad ulteriori indagini per questioni di concorrenza.

Facciamo un passo indietro. Lo scorso ottobre Ofcom ha avviato una analisi del mercato cloud britannico, concentrandosi sulla parte infrastrutturale IaaS e PaaS. L'analisi dura un anno, ma a metà dal suo percorso - cioè ora - Ofcom può anticipare parte delle sue conclusioni per segnalare se è il caso di avviare ulteriori investigazioni che coinvolgono altre Authority. E così è stato.

"Crediamo - spiega ora Ofcom - di avere motivi ragionevoli di sospettare che alcune caratteristiche del mercato dei servizi cloud infrastrutturali possano evere effetti negativi sulla concorrenza". A questo punto, una indagine mirata della Competition and Markets Authority (l'Antitrust, in sostanza) sarebbe "la risposta più appropriata", secondo Ofcom.

I problemi del mercato cloud

Il mercato del cloud, spiega oggi Ofcom in un lungo report preliminare che vale certamente la pena leggere, non funziona dome dovrebbe. In particolare, Ofcom ritiene che esista una vera concorrenza solo nel conquistare le aziende clienti quando fanno il loro primo passaggio al cloud. Dopo questo passo, gli hyperscaler (AWS e Microsoft, essenzialmente) mettono in atto una serie di politiche che di fatto scoraggiano, o impediscono, alle aziende di cambiare cloud provider o di realizzare veri ambienti multicloud.

Ofcom punta il dito verso tre aspetti che le aziende in cloud di ogni nazione hanno imparato a conoscere: le "egress fee", l'interoperabilità dei servizi cloud, la scontistica.

Le egress fee sono i "costi di uscita" che un'azienda paga quando i suoi dati escono dal cloud del provider e vengono trasferiti altrove: all'on-premise, verso generici utenti, verso un altro cloud provider. Gli hyperscaler, spiega Ofcom, fanno pagare egress fee molto simili, che però sono "5-10 volte maggiori" rispetto a quelle degli altri cloud provider.

Questi costi elevati rappresentano una barriera a qualsiasi spostamento dei dati, anche nell'ipotesi che un'azienda non voglia abbandonare il suo hyperscaler ma più semplicemente - e in moderna logica multicloud - conservare i dati presso l'hyperscaler ma elaborarli con servizi di un altro provider.

"Abbiamo esempi - racconta Ofcom - di clienti che progettano le loro architetture cloud esplicitamente per ridurre ed evitare i costi di uscita, il che significa che non possono sfruttare i servizi di provider concorrenti che potrebbero essere più adatti alle loro necessità".

Altro punto chiave è l'interoperabilità tra i servizi cloud di provider diversi. Un certo grado di complessità è inevitabile per i servizi cloud, data la loro natura articolata. Ma per Ofcom ci sono le prove che le barriere tecnologiche all'interoperabilità "sono maggiori di quello che dovrebbero essere". E questo volutamente.

Ofcom ritiene che gli hyperscaler limitino l'interoperabilità di alcuni dei loro servizi, ad esempio non condividendo importanti (e necessarie) informazioni tecniche, come anche usando tecnologie proprietarie che non si sposano con i servizi di altri fornitori. Queste limitazioni non sono sempre chiare per gli utenti, nel momento in cui devono scegliere un particolare servizio o provider.

I grandi utenti cloud "indagati" da Ofcom hanno poi sottolineato l'importanza degli sconti che vengono offerti a fronte dell'impegno ad acquistare un certo volume di servizi cloud. In sostanza, più un'azienda spende per acquistare i servizi di un provider, maggiore è lo sconto che riceve. Gli sconti di fatto diventano poi un incentivo a usare quasi esclusivamente lo stesso hyperscaler. "Quando un cliente ha nuovi workload da spostare in cloud - spiega Ofcom - la prospettiva di perdere gli sconti collegati all'impegno di spesa rende meno attraente l'utilizzo di provider concorrenti".

Qui Ofcom però ammette che è difficile tirare conclusioni nette, come invece è negli altri due casi. Fare sconti per fidelizzare i clienti non è certo illegale e i clienti alla fine se ne avvantaggiano. Il rischio di una concorrenza distorta c'è, ma può diventare un tema da Antitrust solo di fronte a seganalzioni davvero chiare da parte del mercato.

Da Londra a Bruxelles

Da qui a metà maggio circa Ofcom aspetta di ricevere pareri e commenti sulle rilevazioni che ha fatto e sulla proposta di coinvolgere l'Antitrust. È questa Authority che dovrebbe decidere se e quanto intervenire sul mercato cloud.

Ofcom da parte sua si è limitata ad indicare alcune azioni possibili per ridurre le barriere al cambio di provider e al multicloud, tra cui limitare o cancellare le egress fee, imporre l'adozione di standard aperti per l'interoperabilità, imporre maggiore trasparenza sulle caratteristiche dei servizi cloud.

L'analisi di Ofcom è importante per vari motivi. Il primo è che le conclusioni valide per il mercato britannico sono valide in buona parte anche altrove, perché in altre nazioni europee le condizioni di mercato e le politiche degli hyperscaler e degli altri cloud provider sono allineate. Da qui a dire che anche altre Authority nazionali seguiranno l'esempio di Ofcom, certamente però ce ne passa.

Valutazioni diverse potrebbero essere fatte a livello europeo - nel senso di Unione Europea - perché a Bruxelles la sensibilità sulle dinamiche del mercato cloud è già elevata. E la posizione verso le dinamiche degli hyperscaler statunitensi è già piuttosto critica. Insomma, Ofcom potrebbe aver aperto una strada. Chi intenda seguirla, anche in Gran Bretagna, resta tutto da vedere.


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