L'Italia lancia il Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale

Ventisei iniziative da mettere in campo nei prossimi tre anni per conquistare una competitività internazionale in campo Intelligenza Artificiale

Autore: f.p.

Come già altre nazioni e più in generale la UE, anche l'Italia si è dotata di una strategia concreta ad ampio spettro per l'Intelligenza Artificiale. Una strategia la cui necessità era stata indicata da più parti, tra i tecnici. E che ora si concretizza nel cosiddetto Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale 2022-2024, che delinea dove intervenire, nel prossimo triennio, per "rendere l’Italia un centro sull’intelligenza artificiale competitivo a livello globale". Un obiettivo che si può raggiungere, secondo il Piano, agendo su due direttrici: da un lato la ricerca sull'Intelligenza Artificiale, dall'altro le implementazioni pratiche.

È il momento di intervenire, secondo la nuova strategia, perché l'ecosistema italiano dell'AI ha un grande potenziale che però non è ancora pienamente sfruttato, in particolare perché si basa su comunità di ricerca molto attive ma spesso di piccola scala, poco attrattive per competenze soprattutto straniere e migliorabile nella capacità di generare brevetti. Per quanto riguarda i fornitori di soluzioni di AI, si spiega, "l'industria italiana sta crescendo rapidamente ma il contributo economico rimane ancora al di sotto del suo potenziale, soprattutto rispetto a Paesi europei simili". Da qui la necessità di un "radicale aggiornamento" della strategia nazionale per l'intelligenza artificiale.

Il Programma Strategico indica per questo 24 politiche che saranno adottate nei prossimi tre anni e che vertono su tre ambiti principali: sviluppare e attrarre talenti e competenze, incentivare la ricerca, stimolare le applicazioni dell'AI nelle aziende e nella PA. Il contesto di partenza secondo il Governo non è negativo, come accennato, ma è decisamente da migliorare. Se ad esempio è vero che i ricercatori italiani sono attivi su tutto lo spettro della ricerca sull’AI e le università italiane offrono più di 200 curricula in Intelligenza Artificiale, è anche vero che restano evidenti una mancanza di scala e massa critica e la bassa integrazione interdisciplinare nei laboratori di ricerca. Inoltre, ben pochi ricercatori qualificati si trasferiscono per lavorare in Italia dall'estero.
Anche lo sviluppo di soluzioni AI-based è migliorabile, secondo il nuovo Programma Strategico. Tra fornitori di soluzioni verticali, fornitori generalisti, system integrator e società di consulenza, a febbraio 2021 l'Osservatorio sull'IA censiva 260 aziende italiane che offrono prodotti e servizi di Intelligenza Artificiale. Con una netta prevalenza (55% del totale) della prima categoria. Il numero di realtà attive appare elevato ma, si sottolinea, il mercato AI nazionale "è ancora di dimensioni limitate e questo sta incidendo negativamente sulla crescita delle nostre aziende e sulla loro capacità di investimento". E anche lato utente le cose devono migliorare: nel 2020 le aziende hanno speso in Intelligenza Artificiale circa 300 milioni di euro, una somma pari a circa il 3% del mercato europeo, quindi nettamente inferiore rispetto al peso italiano sul PIL europeo (12%).

E rispetto all'Europa siamo indietro su molti altri indicatori. Investiamo meno in ricerca pubblica: solo l'1,45% del PIL nazionale rispetto a una media UE del 2,38%. I salari dei ricercatori sono minori: 15.343 euro per i dottorati di ricerca italiani rispetto ad esempio agli omologhi tedeschi (48.027 euro) o francesi (20.220 euro), per non parlare degli svizzeri (67.998 euro). Le aziende italiane spendono in ricerca e sviluppo meno della media dei Paesi europei simili, anche per le ridotte dimensioni medie dell'impresa nazionale. All'Italia mancano Global Digital Champions nei settori hardware, software e integrazione. Produciamo molte meno richieste di brevetto in campo AI delle altre nazioni europee simili, come Francia o Germania.

Gli obiettivi del Programma Strategico

Insomma, ci sono diversi gap da colmare in campo AI. Per farlo il Programma Strategico prevede sei macro-obiettivi: rafforzare la ricerca di frontiera nell'AI, ridurre la frammentazione della ricerca stessa per avere massa critica, sviluppare e adottare un'IA antropocentrica e affidabile, aumentare l'innovazione basata sull'AI promuovendo investimenti industriali, sviluppare politiche e servizi basati sull’AI nel settore pubblico, creare ed attrarre ricercatori di AI in Italia. Questi obiettivi si possono raggiungere con, secondo il Programma Strategico, diverse azioni specifiche mirate.

Per quanto riguarda lo sviluppo di conoscenze e talenti, il Programma Strategico prevede cinque mosse: rafforzare il programma nazionale di dottorato, attrarre e trattenere i ricercatori, rafforzare le competenze di AI nella Pubblica Amministrazione, promuovere corsi e carriere in materie STEM, espandere l’AI negli Istituti Tecnici Superiori. Per tutte queste iniziative, il Piano stima che si possa attingere a finanziamenti - via PNRR, in larga prevalenza - per circa 6,5 miliardi di euro.
Lato ricerca pura ed applicata, il Programma Strategico prevede altre sei azioni: rafforzare l'ecosistema italiano della ricerca sull’AI, lanciare una piattaforma condivisa con dataset aperti e software progettati per ricerca, creare cattedre italiane di ricerca sull'AI, creare iniziative per la ricerca fondamentale, promuovere campioni nazionali AI multidisciplinari, lanciare bandi di ricerca-innovazione IA per collaborazioni pubblico-private. In più, un'azione trasversale combinata tra finanziare ricerca e applicazioni dell’AI creativa e promuovere progetti bilaterali per incentivare il rientro in Italia di professionisti. Anche per la ricerca la torta degli investimenti è di tutto rispetto: al netto di alcune sovrapposizioni con il bacino potenziale per il punto precedente, assomma a circa 7,9 miliardi di euro.

Ovviamente, è poco utile favorire la ricerca in Intelligenza Artificiale se poi pochi, in Italia, la applicano. Ecco perché il Governo e i Ministeri hanno definito una serie di azioni per aumentare l'adozione di soluzioni AI nelle aziende private, in modo da aumentare la loro competitività. In dettaglio, si punta a: fare dell'IA un pilastro a supporto della Transizione 4.0 delle imprese, sostenere la crescita di spinoff innovativi e startup, facilitare le sperimentazioni di tecnologie AI destinate al mercato, supportare le imprese nella certificazione dei prodotti di AI, promuovere campagne di informazione sull’IA per le imprese. Qui i fondi a disposizione sono gli oltre 13 miliardi di Transizione 4.0, più - per spinoff e startup - il miliardo del Fondo Nazionale Innovazione istituito dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Anche la Pubblica Amministrazione deve darsi il suo da fare. La PA "può diventare un vero e proprio motore dello sviluppo dell'AI, grazie ai dati che produce e al suo ruolo di potenziale acquirente di beni e servizi innovativi", si spiega. E alla PA sono dedicate alcune azioni specifiche: creare interoperabilità e dati aperti per favorire la creazione di modelli di AI, rafforzare le soluzioni AI nella PA e nell'ecosistema GovTech italiano, creare un dataset comune di lingua italiana per modelli linguistici di Intelligenza Artificiale, creare un set di dati annotato delle interazioni cittadini-PA per sviluppare nuovi servizi, fare lo stesso per nuovi servizi digitali basati sulla computer vision introdurre tecnologie per condividere e risolvere casi trasversali a varie autorità pubbliche. Tutte le iniziative per le applicazioni dell'AI alla PA saranno finanziate prevalentemente dai fondi dei Ministeri interessati, al di fuori del PNRR.

Al di là delle considerazioni sullo sviluppo del mercato nazionale dell'AI, il Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale è - come tutte le nascenti iniziative collegate al PNRR - un business molto interessante per chi saprà parteciparvi. Con una dotazione di investimenti potenziale che sfiora i trenta miliardi di euro. Una somma importante perché l'obiettivo delle diverse iniziative da mettere in campo è anch'esso importante: permettere all'Italia di mantenere - e per certi versi conquistare - una competitività tecnologica a livello internazionale. O, come recita lo stesso Programma, arrivare preparata "alle sfide tecnologiche e sociali di domani".

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