DataCore: per il Software-Defined Storage ci vuole una piattaforma

DataCore prosegue nell'ampliamento della sua piattaforma, seguendo le evoluzioni di un mondo sempre più containerizzato e ad oggetti

Autore: Redazione ImpresaCity

Se la parola d'ordine per l'IT oggi è soprattutto elasticità, il comparto dello storage ha ancora bisogno di fare diversi passi avanti in tal senso. È il punto di vista di DataCore, per la quale la strada del Software-Defined Storage è chiaramente quella da seguire, se si vogliono eliminare i muri più o meno consistenti che ancora separano molte soluzioni di storage. La software house statunitense punta a sviluppare una piattaforma unificante per tutto lo storage in azienda: "per evitare i silo creati dai diversi tipi di prodotti e approcci tradizionali", spiega il CEO Dave Zabrowski. Approcci per cui, in fondo, ogni vendor tecnologico ha una sua specificità che si traduce in soluzioni più o meno proprietarie e, quindi, limitanti per i clienti.

Non che DataCore proponga una soluzione unica adatta per qualsiasi ambiente di storage. Il suo modello è più simile a una integrazione sinergica di soluzioni mirate in stile "best of breed", rivolte in maniera specifica alle applicazioni di riferimento del mondo storage: blocchi, file, oggetti. E oggi, sempre più, dati non strutturati legati alla containerizzazione. Un approccio quindi diverso rispetto ad altri molto più trasversali, in particolare - per fare un esempio evidente - Ceph. Ma anche altre soluzioni di file e object storage unificati.

È anche il portato dell'evoluzione storica di Datacore. La software house è partita dal mondo dello storage a blocchi, considerato come quello più esigente dal punto di vista delle performance, per poi estendersi alle applicazioni di file e object storage. A livello di prodotti, questo ha voluto dire lo sviluppo di una soluzione per il block storage (SANsymphony), una per il file storage (vFilo), una per l'object storage (Swarm, che deriva dall'acquisizione di Caringo). Da citare anche FileFly, che fa da ponte tra il mondo file storage e quello a oggetti.
L'unificazione - o meglio, dato l'approccio di DataCore, l'integrazione - di tutti questi ambienti è la base di una visione strategica che la società ha definito tempo fa, visione che è stata battezzata DataCore One. Oggi questa visione comprende in particolare gli sviluppi collegati al comparto del container storage. Il Software-Defined Storage cresce in tutte le sue forme, ma da un lato "i container sono il modo migliore per implementare nuove applicazioni su una qualsiasi infrastruttura IT", ricorda Zabrowski, dall'altro proprio queste nuove applicazioni "generano grandi quantità di dati non strutturati".

Uno dei nomi caldi all'intersezione tra storage e containerizzazione è quello di MayaData, software house con cui DataCore ha definito di fatto una joint venture, "corroborata" da un investimento di 26 milioni di dollari. MayaData ha sviluppato OpenEBS, in estrema sintesi una piattaforma open source con cui associare ai container storage persistente, affidando a Kubernetes il compito di orchestrare tanto i container quanto i controller di storage. Tecnicamente, è una forma di Container-Attached Storage (CAS), che grazie alla collaborazione tra le due società entra a far parte della piattaforma DataCore.
La visione strategica di DataCore One non comprende solo la progressiva aggiunta di componenti tecnologiche. Deve andare anche verso la semplificazione dal punto di vista degli utenti. La complessità inevitabile del SDS deve essere trasparente per chi lo usa, anche perché - ricorda Abhijit Dey, Chief Product Officer di DataCore - "Per i clienti la cosa più importante sono i dati: lo storage è solo il mezzo con cui i dati 'vivono' nell'infrastruttura IT... I clienti sanno di avere problemi per i quali vogliono soluzioni, non parlare di tecnologie". Per questo la novità più recente di DataCore è il rilascio in preview di DataCore Central (ma il nome definitivo potrebbe essere diverso): una dashboard da cui vedere lo stato tutto il proprio storage, indipendentemente dalla sua tipologia, e da cui gestire le principali operazioni.

Bene anche in Italia

Le considerazioni generali di DataCore valgono ovviamente anche per i clienti italiani e hanno garantito una decisa crescita del mercato locale anche durante un 2020 segnato dalla pandemia. DataCore Italia si basa su due distributori (Esprinet e Ready Informatica), due filiali (prima Milano, più di recente Roma) e una rete di 150 system integrator certificati che - spiega Rémy Bargoing, Country Manager Italy - "garantiscono una copertura estesa del territorio". Copertura che avviene anche attraverso 24 Service Provider che servono circa mille aziende clienti, più le oltre ottocento servite direttamente dai system integrator.

In particolare, fa notare Bargoing, nel 2020 il business legato al comparto dei Service Provider è cresciuto più del doppio rispetto al mercato tradizionale. Una crescita dovuta anche al fatto che la piattaforma software di DataCore si allinea bene al percorso evolutivo scelto dai molti system integrator che stanno organizzandosi per operare come Service Provider. Bene anche il mercato della PA, che si sta muovendo per avere ambienti IT più flessibili e ridurne i costi. Due risultati che, secondo DataCore, il Software-Defined Storage permette di conseguire.

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