IBM: innovare tra hybrid cloud ed AI

Hybrid cloud ed AI restano le priorità strategiche di IBM, sempre più focalizzata e pronta ad innovare in una logica di ecosistema

Autore: Redazione ImpresaCity

Il cloud ibrido e l’Intelligenza Artificiale sono le due direttrici principali della crescita di IBM. È il succo del recente Annual Report di Big Blue (o Big Purple, dopo l'acquisizione di Red Hat) ed è un concetto ribadito anche da Alessandro La Volpe, VP IBM Technology in Italia: “La volontà di essere leader nei campi hybrid cloud e AI è stata esplicitata già quando era CEO Ginni Rometty e spiega tutte le operazioni fatte in seguito”. Definendo, lato architetture, “Un percorso molto chiaro in direzione del cloud ibrido, anche quando il mondo era considerato del public cloud”. In ogni caso, sottolinea La Volpe, "La destinazione è il cloud. E il percorso per arrivarci passa innanzitutto per la modifica dei processi e la modernizzazione delle applicazioni”.

La visione di IBM considerava Red Hat OpenShift come la base ideale per tutta la sua futura proposizione tecnologica. Da qui nasce l’operazione fondante della nuova IBM: l’acquisizione di Red Hat stessa. Un’acquisizione che lascia comunque libera la parte Red Hat di proseguire nei suoi sviluppi, ma che allo stesso tempo garantisce la stabilità della roadmap immaginata da IBM. Da un lato OpenShift è la base trasversale per un hybrid cloud performante ed aperto, grazie alla logica open source. Dall’altro i Cloud Pak di IBM “impacchettano” una serie di componenti che permettono di mettere in pratica velocemente le potenzialità dei nuovi ambienti containerizzati in alcuni ambiti specifici: analisi dei dati, automazione, sicurezza, modernizzazione applicativa, multicloud e via dicendo.

I temi specifici toccati dai Cloud Pak sono un po’ i “touchpoint” chiave fra le aziende e la attuale Digital Transformation. La constatazione era vera in origine e lo è a maggior ragione ora che la pandemia ha velocizzato qualsiasi evoluzione tecnologica. “Abbiamo constatato che, forzate dalle condizioni esterne, le aziende hanno accelerato l’adozione di un percorso di Trasformazione Digitale. Quello che prima accadeva in cinque anni, ora si cerca di concretizzarlo in due o tre. Il paradigma del cloud ibrido permette tutto questo”, sottolinea La Volpe.
Anche se ovviamente, e IBM stessa lo evidenzia, di strada da fare ce n'è ancora. All’inizio del 2020, secondo Big Blue, meno di un quarto dei workload mission critical era stato portato in cloud. L’emergenza pandemia ha mostrato che la “nuvola" è la strada verso una ragionevole garanzia di operatività e flessibilità, ci si aspetta ora una accelerazione delle transizioni al cloud sino a quando, sempre secondo IBM. Il 75% dei workload critici ancora on-premise non sarà cloudificato. Con tutta probabilità in ambienti multicloud dato che, evidenzia La Volpe, "il multicloud è un dato di fatto, non uno scenario futuribile: è la realtà in cui già operano le aziende”.

Opportunità da cogliere

La crescita della propensione delle imprese verso la digitalizzazione è una opportunità da non perdere per un’azienda che, come IBM, ha fatto del multicloud ibrido il suo mantra. Il messaggio di IBM è che la si può cogliere al meglio principalmente focalizzandosi sul proprio obiettivo strategico, affrontando i punti chiave per le imprese utenti, seguendo costantemente un percorso di innovazione. Sono concetti apparentemente semplici che non è però banale mettere in pratica.

La focalizzazione strategica sull’obiettivo cloud-AI ha ad esempio portato allo spinoff della NewCo che gestirà da fine anno la parte managed services di IBM. "Se vogliamo fare una cosa dobbiamo farla al meglio - mette in evidenza La Volpe - e il business dei managed services è diverso, per modalità e logiche, da quello tecnologico che IBM si è prefissata. Per questo è meglio avere due aziende diverse - IBM e la NewCo - che entrambe sono focalizzate sulla propria missione. Che numeri alla mano sono comunque aziende leader e che così hanno una maggiore velocità di esecuzione, senza dover cercare un equilibrio fra modelli di business diversi”.
Tecnologicamente, accanto al cloud ibrido resta fondante il tema dell'Intelligenza Artificiale, non astrattamente ma con una focalizzazione pragmatica ben precisa. “Nell’accezione di IBM - spiega La Volpe - l’AI è pensata per il mondo business, una visione che detta conseguentemente le aree su cui investire”, che per IBM sono principalmente tre: NLP, trasparenza, automazione. L’ambito di elaborazione del linguaggio naturale (NLP) è il principale, anche dal punto di vista dell'adozione del mercato. Che promette solo di aumentare, poiché la pandemia ha accelerato l'adozione di tutto quello che è virtual assistant testuale e parlato.

La trasparenza del funzionamento degli algoritmi di AI è sempre più indispensabile perché l’AI non può crescere senza "Una presunzione di fiducia a priori - spiega La Volpe - per algoritmi che decidono e addirittura automatizzano le operazioni. E che devono quindi essere spiegabili”. L’automazione è un tema molto sentito nel mondo business, perché libera risorse che possono essere impiegate in compiti più a valore aggiunto. Certo l'automazione ha molti volti. IBM la vede in una logica di piattaforma in cui le varie forme dell’automazione possano essere concretizzate a partire da una base comune di tecnologie e servizi.

Come fare innovazione

Resta trasversale il tema dell’innovazione continua, che ha storicamente caratterizzato entrambe le anime (IBM e Red Hat) della nuova Big Purple. “Essere leader in un contesto tecnologico vuol dire essere leader nell’innovazione”, conferma La Volpe. La tradizione IBM vede l’innovazione interna combinata, specie lato software, con una innovazione per acquisizioni. Ora però “abbiamo una chiarezza tale su dove vogliamo giocare”, spiega La Volpe, che ci si può muovere in maniera più mirata. Anche, se è il caso, eliminando parti dell’azienda - come la NewCo - con scelte che sono comunque sempre difficili.
Così ora l’innovazione in IBM può seguire tre strade principali. Fare innovazione internamente, come è accaduto con la modernizzazione di tutto il portafoglio software in logica container. Fare acquisizioni mirate, di cui quella di Red Hat resta la più importante ma viene accompagnata da operazioni più specifiche. Infine, seguire una innovazione tramite ecosistema, coinvolgendo altre realtà che portano ciascuna il suo valore per vari segmenti verticali. "Tutto quello che stiamo facendo è basato sull'idea che un business di piattaforma richiede una logica di ecosistema e di apertura… O si lavora in questo modo oppure ben presto una azienda cliente si trova forzata all'interno di un recinto”, spiega La Volpe.

D’altronde, per una azienda che si è posta l’obiettivo di essere una tech company al 100% "è necessario avere partner che operino in due dimensioni: potenziare le piattaforme software con componenti mirate, che i clienti vi ritrovano già integrate, oppure usare le piattaforme stesse per creare soluzioni ad hoc per i clienti finali, in una logica di system integration”, commenta La Volpe. Una logica di ecosistema e di apertura che ormai appare indispensabile: le stesse aziende utenti hanno capito che il mondo che stanno affrontando si fa troppo articolato e complesso per gestirlo con tecnologie che rischino di chiudersi su sé stesse.

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