Bitcoin e criptovalute: l'Europa non ha le idee chiare

La UE ha deciso di regolamentare maggiormente l'uso delle criptovalute come Bitcoin, mentre alcune nazioni hanno una visione decisamente diversa

Autore: F.P.

Che ci sia un grande interesse intorno alle criptovalute come Bitcoin è indubbio, come è (quasi) indubbio che l'estrema volatilità delle loro quotazioni sia un elemento adatto più per gli speculatori che per i normali consumatori. C'è quindi parecchio da lavorare sul tema, consci che non è un argomento da archiviare come fenomeno transitorio (come certamente non lo è blockchain nel suo complesso) e che per ora molte reazioni anche istituzionali sembrano più istintive che razionali.

In Europa siamo più "per" o "contro" le criptovalute rispetto al resto del mondo? Non è facile dirlo. L'Unione Europea in questi giorni ha messo le mani avanti e ha imposto una maggiore regolamentazione nella gestione delle valute virtuali, inserendo questa decisione nell'ambito di norme più ampie e legate al riciclaggio di denaro e al finanziamento di attività illecite, in particolare terroristiche.

In estrema sintesi e semplificando, la Commissione Europea ha messo un po' sullo stesso piano le piattaforme per la gestione delle criptovalute, le carte prepagate e i fondi. Dato che questi tre tipi di entità permettono transazioni anonime, in teoria possono servire per scopi illeciti che vanno dall'evasione fiscale a trasferimenti di denaro a fini illegali. Per questo entro 18 mesi gli Stati membri della UE dovranno recepire le indicazioni della Commissione e formulare leggi proprie che obblighino le piattaforme collegate alle criptovalute a identificare chi esegue le transazioni.



Non tutti ovviamente la vedono allo stesso modo. Si sa ad esempio che la formulazione di questa normativa europea è stata osteggiata da alcune nazioni - Reuters cita Cipro, Irlanda, Gran Bretagna, Lussemburgo e Malta - perché queste temono che un maggiore controllo scoraggi gli investimenti delle aziende che vogliono sviluppare nuovi servizi finanziari. Investimenti che hanno ricadute economiche a cui queste nazioni evidentemente tengono.

Hackerare (in meglio) il sistema bancario

Ma più in generale il dibattito è sul valore innovativo delle criptovalute. Mentre la UE va in una direzione, ad esempio, sembra opposta quella del Ministero per gli Affari Esteri danese, che ha prodotto uno studio molto dettagliato su come le criptovalute potrebbero "hackerare" positivamente il settore finanziario e nello specifico quello degli aiuti internazionali. Qui si indica senza mezzi termini che il sistema bancario tradizionale è "superato, decadente e dickensiano".

Aggirare questo sistema, indica in sostanza lo studio, permetterebbe di gestire in maniera molto più rapida e controllata il trasferimento di denaro verso i Paesi in via di sviluppo e anche verso specifici programmi o iniziative a favore delle comunità locali. Si ridurrebbe in questo modo l'incidenza della corruzione e la natura digitale delle criptovalute permetterebbe anche di sviluppare servizi finanziari molto innovativi. Perfino creare una "sharing economy" dell'energia solare.

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