Torna alla HomePage

L'omnichannel italiano? È quasi tutto da costruire.

Le aziende italiane hanno chiaro che l'omnicanalità è essenziale, raramente però riescono a gestire in maniera davvero sinergica tutti i processi di interazione con i clienti

Autore: Redazione ImpresaCity

Tutti oggi parlano di omnicanalità, ma sono molti meno quelli che la fanno bene e ancora meno quelli che la considerano in una visione davvero strategica. In estrema sintesi potrebbe essere questo il succo della sesta edizione dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience della School of Management del Politecnico di Milano. Un succo che mette l'accento su un vecchio problema: l'omnichannel richiede una gestione sinergica dei vari possibili canali di interazione con la clientela. Altrimenti non porta i frutti che potrebbe concretamente dare.

Gli ostacoli al vero omnichannel non sono tecnologici ma di approccio. Poche aziende italiane hanno messo in atto un approccio trasversale e strategico all'omnicanalità, secondo l'Osservatorio. Solo il 6% del campione ha cioè affrontato solidamente e con successo i cinque aspetti chiave di un modello omnicanale: strategia, organizzazione, dati, tecnologie, execution.

Dietro queste aziende mature ce ne sono altre (20% del campione) che si sono ben strutturate in quanto a multicanalità, ma hanno margini di miglioramento per raccolta dati ed execution. E altre ancora (13%) che si sono organizzate ma mancano ancora di elementi essenziali come un budget o un responsabile dedicato. Ma sono molte di più (39%) quelle che hanno un approccio solo discreto, con carenze in data strategy, tecnologia, execution. E non sono poche (22%) nemmeno quelle che sono ancora ai primi passi e sono carenti in tutti i parametri chiave considerati.

La metafora ideale per descrivere la situazione la dà Nicola Spiller, direttore dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience: in una evoluzione omnichannel efficace "Tutte le funzioni e i processi aziendali devono suonare all’unisono come in un’orchestra, avendo come obiettivo il miglioramento dell’esperienza del cliente. Ciò richiede un forte commitment del vertice aziendale e, nella maggior parte dei casi, una profonda trasformazione organizzativa".

Di orchestre omnichannel che suonano bene non ce ne sono, a quanto pare, poi molte. Anche perché il boom dell'ecommerce e del digitale portato dalla pandemia ha reso ancora più importante la multicanalità. Se prima era un fattore di differenziazione, adesso è quasi un requisito indispensabile. Le grandi e medio-grandi aziende italiane lo sanno e in maggioranza (75% circa del campione dell'Osservatorio) hanno intrapreso un percorso di trasformazione omnicanale.

Questo percorso però, come accennato, non sta andando velocemente come si vorrebbe. Spesso nelle aziende manca un approccio chiaro e sistemico al tema, con una roadmap definita del cambiamento desiderato, anche nel lungo periodo. E molto spesso (64% del campione) manca il direttore della metaforica orchestra omnicanale, ossia il responsabile per l’Omnichannel Customer Experience. E pochissime aziende (15%) hanno stanziato un budget complessivo per la trasformazione omnicanale.

Il cliente, questo (mezzo) sconosciuto

Se l'orchestra non suona bene, il pubblico - ossia i clienti - si lamenta. Secondo l'Osservatorio, circa il 60% delle esperienze che coinvolgono più di un canale (fisico e digitale) non soddisfa le aspettative. Mancano fluidità, coerenza, personalizzazione, sinergia. Perché? Essenzialmente perché non si conosce il cliente come si potrebbe (e dovrebbe) e perché si interagisce male con lui.

La buona conoscenza del cliente richiede una chiara ed estesa data strategy. Ma buona parte delle imprese ancora si limita a raccogliere solo dati di base come l’anagrafica o lo storico degli acquisti. Raccolti i dati bisogna poi analizzarli bene, in logica di cosiddetta Single Customer View, ma oggi solo il 20% del campione dell'Osservatorio lavora in tale direzione. E quando si tratta di passare dalle analisi a veri e propri "insight" utili per le interazioni con il cliente, non va tanto meglio. Le aziende fanno perlopiù solo analisi descrittive, solo il 36% ha sviluppato analisi predittive e il 22% analisi prescrittive.

Nelle interazioni vere e proprie con la clientela - quindi i processi di marketing/comunicazione, vendite, customer care - si vedono ancora molte lacune. Lato comunicazione va bene la marketing automation (il 52% delle aziende la usa) ma sono ancora poco sviluppate (solo il 16% delle aziende analizzate le ha) le attività preliminari di profilazione e di gestione personalizzata dei contenuti sulla base dei dati raccolti.

Il processo di vendita è quello che è stato, soprattutto nel periodo pandemico, più rafforzato. Ora c'è da mettere ordine in canali e servizi che sono cresciuti spesso per necessità e con poca strategia. Nel 78% delle imprese c'è la consapevolezza, tra i responsabili dei diversi canali, di dover integrare le strategie di vendita. A mancare sono soprattutto i tool per la personalizzazione dell’esperienza dei clienti e gli strumenti per misurare l’efficacia delle iniziative omnicanale.

Lato customer care lo scenario ha due volti. In negativo, in questo ambito sono davvero poche le realtà che hanno introdotto nuove tecnologie utili in ottica omnichannel. In positivo, va sottolineato che il customer care sta diventando uno dei principali punti di relazione con i clienti: sempre più, infatti, non si occupa solo delle tradizionali attività di assistenza post-vendita ma fa anche assistenza tecnica, vendita e attività di “close the loop” (come la gestione dei feedback negativi coinvolgendo altre funzioni aziendali).

Torna alla HomePage