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Capgemini: Sanità digitale, i vantaggi della Connected Health non mancano, ma i progetti sono pochi

Meno del 20% dei casi d’uso si spinge oggi oltre la fase di proof of concept, anche per la mancanza di capacità digitali, tecniche e relazionali per sviluppare soluzioni

Autore: Redazione ImpresaCity

Un recente report del Capgemini Research Institute prevede che il numero di soluzioni di Connected Health, ovvero un ampio spettro di prodotti e servizi digitali per la salute, crescerà del 40% nei prossimi cinque anni. Ma solo il 16% delle aziende Life Sciences sta al momento testando prodotti legati alla sanità connessa o ne ha ottenuto l’approvazione, dimostrando come le organizzazioni si trovino nel complesso in una fase ancora preliminare.

Dal report Unlocking the Value in Connected Health, svolto intervistando oltre 500 manager di aziende Life Sciences in tutto il mondo, emerge che tra le principali aree terapeutiche in cui i nuovi prodotti di sanità connessa possono trovare applicazione nei prossimi cinque anni ci sono malattie neurologiche come sclerosi multipla, Alzheimer ed epilessia, oltre a malattie rare e immunologia. A tal fine, nei prossimi cinque anni oltre il 50% delle organizzazioni del settore Life Sciences prevede di sviluppare casi d’uso per monitorare i pazienti da remoto, per l’applicazioni di biomarcatori digitali (per esempio biosensori indossabili) e per la diagnostica predittiva e la medicina preventiva basate sull’intelligenza artificiale.

Il settore è tuttavia ancora lontano dall’applicare concretamente casi d’uso di questo tipo, e solo un quarto delle organizzazioni del settore Life Sciences ha raggiunto il grado di maturità necessario in aree come le strategie di portfolio, il product design e il product development. Il report evidenzia anche che meno di un terzo delle organizzazioni possiede le capacità digitali, tecnologiche e relazionali necessarie per il successo delle iniziative di Connected Health. Per esempio, solo un quarto utilizza l’intelligenza artificiale per eseguire l’analisi predittiva dei dati in tempo reale provenienti da prodotti di Connected Health, mentre una percentuale ancora minore, il 21%, dispone di un centro di eccellenza per favorire innovazione, sinergie e best practice in ambito di sanità connessa.

Le organizzazioni abbastanza mature in materia di Connected Health, e che quindi hanno superato la fase di pianificazione, sono in larghissima maggioranza quelle di grandi dimensioni. Quasi la metà delle aziende attive nel settore Life Sciences con un fatturato superiore ai 20 miliardi di dollari ha infatti dichiarato di aver messo a punto la fase strategica e di pianificazione, rispetto al 17% di quelle con un fatturato inferiore a 1 miliardo di dollari.

Secondo il report, le organizzazioni Life Sciences più piccole stanno cercando di recuperare, e le motivazioni alla base della loro scarsa maturità potrebbero riguardare una differenza di percezione tra i dirigenti dell’area tech e quelli dell’area business a proposito delle competenze disponibili all’interno dell’azienda. Per esempio, quasi la metà di chi ricopre ruoli in ambito business ritiene che le giuste competenze in materia di realtà aumentata e virtuale siano già presenti nelle imprese che si occupano di Connected Health, mentre solo il 20% dei dirigenti tech è d’accordo. Tra le competenze tecniche di cui si registra la maggiore scarsità ci sono realtà aumentata e virtuale, capacità sistemiche e interoperabilità, ingegneria e design incentrato sulle persone.

“La richiesta e l’opportunità di migliorare la salute dei pazienti sono oggi evidenti, e grazie a numerose tecnologie è ora possibile rivoluzionare percorsi terapeutici e interazioni tra pazienti e operatori sanitari. Per ottenere il massimo dall’applicazione delle tecnologie sanitarie digitali, le organizzazioni devono investire in competenze e colmare le lacune strutturali, in modo da costruire un portfolio di Connected Health scalabile, personalizzato e integrato. Le organizzazioni più grandi del settore Life Sciences mostrano segni di maturità più promettenti, ma dal momento che anche i maggiori player tecnologici stanno osservando il potenziale di queste tecnologie, il mercato nel suo complesso deve evolversi alla stessa velocità”, commenta Andrea Russo, Energy, Industry & Life Sciences Division Director di Capgemini Engineering in Italia.

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