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Competenze digitali cercasi

Cloud, big data, IoT, mobile. Come il cambiamento di paradigma tecnologico influenza la dinamica della domanda del mercato dell’Information Technology

Trasformazione Digitale
Quali sono le peculiarità del mercato lavoro ICT? L’esigenza di trasformazione digitale è un qualcosa che sta modificando la dinamica della domanda e dell’offerta? E ancora: quali sono le competenze e le capacità più richieste e quali le tendenze che si stanno imponendo? Infine, quali sono le differenze sostanziali rispetto al passato e quali i mercati più attraenti in Europa? Su tutti questi argomenti ci siamo confrontati con una serie di operatori: da una parte Cornerstone OnDemand, gruppo internazionale che rende disponibile una piattaforma in cloud per gestire l'intero ciclo di vita del capitale umano. dall’altra società come ADP e Talentia Software che rivestono un ruolo di rilievo nell’ambito di soluzioni e servizi HR. Infine, Capgemini, società globale di consulenza e outsourcing dell’Information Technology.

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Tutto uguale, tutto diverso
Data economy, App Economy, Mobile Economy, siamo davvero nel bel mezzo di un cambiamento epocale? Quali sono gli effetti reali di queste emergenti tendenze sul mercato del lavoro? Paolo Zanotti, IPC Director di ADP Italia, tende a storicizzare gli eventi e vede un ripetersi di quanto accaduto in passato, quanto meno in merito alle criticità di fondo che emergono dal mercato. “La domanda ICT è da tempo una costante del mercato del lavoro, afferma Zanotti. Certo, siamo ora in presenza di una nuova fase, caratterizzata da tutto quanto attiene il fenomeno della digitalizzazione, ma è un qualcosa che si inserisce nella ciclicità della domanda e dell’offerta di questo settore, dove si alternano fasi di espansione a fasi contrazione. L’introduzione dell’euro, il passaggio al nuovo millennio sono stati momenti espansivi e altrettanto si registra oggi per quanto riguarda l’affermazione del digitale, che affonda le radici nel cloud, nel mobile e nell’Internet of Things”. Secondo ADP i flussi della domanda del lavoro seguono l’andamento congiunturale. “L’ultimo grande segnale di rallentamento, dice Zanotti, lo si è avvertito in corrispondenza degli anni 2008-2009 in coincidenza con la crisi economico-finanziaria conseguente il crollo di Lehman Brothers. E’ significativo, inoltre, notare che nei momenti di crisi le figure più richieste sono solitamente di tipo manageriale, dove l’attenzione è soprattutto sull’efficientamento dei costi, mentre nella fasi caratterizzate da una discontinuità, soprattutto in merito alle competenze tecnologiche, le figure più richieste sono di tipo tecnico. Ed è quello che sta succedendo in questo momento. Un fenomeno che ha effetti anche sulla dimensione retributiva. In questi ultimi anni si vede infatti un appiattimento, se non una riduzione, dei compensi a livello manageriale mentre, lentamente ma costantemente, tendono ad aumentare i salari che vengono corrisposti ai profili più tecnici, ergo il gap retributivo tra manager e personale tecnico si va assottigliando”.  

La domanda supera l’offerta
Alessandra Miata, Responsabile Risorse Umane di Capgemini Italia,
individua delle peculiarità nel modo in cui mercato si è andato definendo in questo ultimo periodo. “Il mercato è strutturalmente connotato da una domanda superiore all’offerta, dice il manager di Capgemini. Il numero dei laureati che ogni anno entrano nel mercato del lavoro dalle facoltà scientifiche legate all’IT è significativamente inferiore alle posizioni aperte dagli operatori del settore. In Italia i giovani occupati nel settore digitale sono appena il 12% rispetto al 16% della media europea e le loro competenze non rispondono alle richieste del mercato. Sempre nel nostro Paese, secondo un recente studio di Modis, il 22% delle posizioni aperte nel settore IT non trova candidati all’altezza. La stessa Commissione Europea, aggiunge Miata, calcola che entro il 2020 ci saranno 900.000 posti di lavoro non occupati per mancanza di competenze digitali, più del triplo rispetto ai 275.000 registrati nel 2012. Anche nell’ambito delle persone con esperienza la situazione non è del tutto dissimile, specialmente se pensiamo ai detentori dei cosiddetti hot skill, oggi in particolare legati al mondo digital”. “Le nuove figure professionali richieste nell’ambito della digitalizzazione rappresentano ormai circa i due terzi della domanda, afferma Zanotti. La dimensione tradizionale che fa riferimento alle risorse core dell’azienda è invece in gran parte coperta dalla risorse interne. E peraltro una domanda trasversale a tutta la dimensione d’azienda, dalla PMI alle enterprise. Le prime hanno la possibilità di accedere a servizi moderni e velocità eliminando tutti gli overhead di gestione. Le seconde adottano queste modalità di erogazione internamente creando dei cloud privati dedicati a funzioni core mentre privilegiano il cloud pubblico su servizi di commodity, come posta elettronica, servizi di stampa gestiti, per la collaboration, insomma per quelle che potremmo definire come funzionalità a supporto del business”. 

Fame di competenze
“Il mercato è in continuo fermento ed è caratterizzato da un estremo dinamismo che accompagna l’evoluzione tecnologica, aggiunge Marco Bossi, Managing Director di Talentia Software. Negli ultimi anni stiamo vivendo un processo di cambiamento costante e di sviluppo di nuove soluzioni e tecnologie che stanno modificando l’approccio al lavoro e, di conseguenza, gli skill tecnici e il modo di effettuare recruiting di nuove risorse. Pensiamo ad esempio a cloud computing e mobilità, due concetti impensabili dieci anni fa per le figure che già operavano nella tecnologia, ma che oggi stanno prendendo sempre più piede. Le aziende hanno, quindi, il compito importante di reperire e inserire in organico persone sempre più competenti su tecnologie che cambiano in modo molto rapido, garantendo formazione e aggiornamento costanti, per evitare ogni eventuale gap o rallentamenti nei piani di sviluppo”. Quali le figure più richieste? “Nell’ambito dello sviluppo, innanzitutto, con una forte attenzione sul mobile e cloud, dice Zanotti. Conoscere le tecnologie mobile e i nuovi linguaggi di sviluppo è inevitabile, dato che oggi ogni applicazione di produttività deve essere disponibile anche su smartphone o tablet. E poi solution architect, una funzione completare alla prima, tesa alla creazione di infrastrutture a supporto delle nuove mobile apps, ed esperti in DevOps e metodologie di sviluppo agile, in quanto il ciclo del software necessita di rapidità di sviluppo ed è soggetto ad aggiornamenti e frequenti rilasci. In ultimo, data analyst con competenze nell’ambito del trattamento dei big data”.

Per Geoffroy de Lestrange, Product Marketing Manager EMEA Cornerstone OnDemand, “I data scientist sono il profilo più difficile da reperire sul mercato. Esistono nuovi programmi di formazione dedicati creati giorno dopo giorno per colmare questo bisogno, ma la complessità dell’argomento e i tempi lunghi per la formazione implicano che la battaglia per accaparrarsi questi talenti durerà a lungo. Ma l maggiore problema oggi per i direttori IT non è trovare specialisti in una particolare tecnologia, quanto piuttosto quelli in grado di fare lavorare insieme molte applicazioni diverse. Pertanto, qualunque professionista IT capace di capire sistemi differenti e creare interfacce tra questi sistemi avrà a disposizione un jolly da giocare nel mercato del lavoro”. Mobile, trasformazione digitale, Internet delle cose, le competenze richieste sono diametralmente diverse da quelle del passato con il risultato che la domanda è ormai diventata superiore all’offerta. Difficile reperire competenze. Per le aziende diventa quindi importante trattenere a bordo figure professionali con queste caratteristiche. E’ il fenomeno del Talent Retention su cui si devono confrontare quotidianamente le organizzazioni, dice Geoffroy de Lestrange. “L’alto grado di specializzazione richiesto scatena la guerra per la conquista dei talenti. Esiste il rischio di un alto turnover da cui deriva per le aziende la necessità di attivare forte coinvolgimento del personale”. “E’ vero, la domanda è in particolare legata alle nuove soluzioni: Internet of Things, Big Data, Data Science e Cloud, dice Alessandra Miata. Si va da figure come i data analyst ed esperti di analytics per la lettura e interpretazione corretta di dati e informazioni che sono sempre più numerosi nel flusso del business aziendale e critici per una scelta corretta delle strategie da adottare, al chief technology officer che si deve occupare di individuare quali tecnologie possono essere applicate ai prodotti o ai servizi che un’azienda produce. Cresce la richiesta di responsabili della user experience ora che gli ambienti virtuali e fisici diventano più complessi, di big data architect per l’analisi dell’architettura del sistema dei dati e di web analyst, che interpretano i dati e forniscono analisi dettagliate sulle attività sul web. In ascesa costante c’è lo sviluppatore di App per smartphone e tablet, come dimostra il recente annuncio dell’avvio della prima iOS Developer Academy europea presso l’Università degli studi di Napoli Federico II che, in una partnership con Apple, offrirà a centinaia di studenti l’opportunità di affinare competenze tecniche finalizzate allo sviluppo di software per l’ecosistema delle app. Anche Capgemini Italia ha annunciato recentemente una nuova campagna di assunzioni che ha l’obiettivo di trovare 125 persone per l’Application Development Maintenance (ADM) Centre di Napoli. Con la nuova campagna di recruiting, spiega Miata, puntiamo a rafforzare l’organico della sede campana per posizionarci fra i centri di eccellenza più importanti in Europa del Gruppo Capgemini, offrendo supporto consulenziale tecnologico con un focus specifico nell’ambito SAP, Java e tecnologie Microsoft”. Geoffroy de Lestrange indica, inoltre, un diverso rapporto tra domanda e offerta, che si è configurato per l’appunto in seguito all’affermazione dei social network e che solleva una rinnovata conflittualità. “Gli esperti di sviluppo software – spiega - ricevono una gran quantità di proposte tramite LinkedIn. Il mercato del lavoro nell’IT è sbilanciato dal lato del lavoratore, non più dell’azienda. Ed è sempre più facile trovare un nuovo posto di lavoro e proporre candidature con la concreta speranza di vederle accolte. Inoltre, gli specialisti dell’IT saranno sempre avvantaggiati nel padroneggiare le nuove tecnologie e i nuovi social network meglio dei potenziali datori di lavoro e dei sezionatori. E’ una sfida continua per i datori di lavoro che devono entrare in contatto con i potenziali candidati”. 

Open mind
Ma al di là delle competenze strettamente tecniche quali sono le attitudini che vengono preferite? “In generale, alle competenze elevate in ambito tecnico, si richiede disponibilità al cambiamento, flessibilità, doti che consentano di accogliere cambiamenti tecnologici”, afferma Zanotti. Sulla stessa onda il parere di Marco Bossi di Talentia: “Le aziende hanno bisogno di persone che siano competenti e preparate sulle tecnologie, ma che abbiano allo stesso tempo uno spirito di innovazione e pronto al cambiamento, che possa consentire di seguire l’evoluzione dei trend IT e di capire quindi come operare al meglio. Un’ulteriore richiesta nata da questo nuovo contesto è la necessità di figure che sappiano interfacciarsi con responsabili di dipartimenti differenti, non solo appartenenti al segmento ICT. Nelle nostre attività, ad esempio, collaboriamo spesso con CFO e responsabili HR, che oggi hanno ruoli decisionali anche nella scelta delle migliori soluzioni, rispettivamente di Corporate Performance Management e di Human Capital Management, da implementare per ottimizzare i processi interni. È fondamentale quindi che chi si occupa di tecnologia sia in grado di confrontarsi con altri manager non strettamente IT, di capire le loro esigenze e di poter rispondere in modo adeguato”. Le competenze digitali non sono, quindi, tutto. Le persone oltre ad avere una forte propensione all’innovazione devono anche avere voglia di mettersi in gioco, importanti motivazioni, ottime capacità di problem solving e di team working; e la conoscenza della lingua inglese è uno dei requisiti fondamentali per tutti i ruoli richiesti. Se da una parte si ricercano nuove competenze, dall’altra coloro che ambiscono a trovare spazio sul mercato del lavoro devono inoltre tenere presente che il cambiamento è l’unica certezza. “Una delle sostanziali differenze rispetto al passato è data, infatti, da una maggiore volatilità delle competenze, dice Alessandra Miata: nascono, si sviluppano e muoiono con cicli molto più brevi delle tecnologie che hanno contraddistinto i primi anni 2000. Per questo è fondamentale informarsi e aggiornarsi continuamente, tenendo il passo con l’innovazione tecnologica”. Sulla stessa onda la riflessione di Zanotti: “La differenza rispetto al passato è profonda. Una volta chi aveva esperienza in linguaggi RPG e Cobol aveva garantito un ventennio di occupazione, oggi probabilmente bastano cinque anni per mettere in discussione le competenze acquisite”. Gli fa eco Geoffroy de Lestrange, “Una persona molto preparata su una particolare tecnologia dovrà anche essere consapevole che le sue competenze potrebbero presto diventare obsolete e che dovrà sempre approfondire le tecnologie emergenti. Ad esempio, dieci anni fa sapere sviluppare in Siebel CRM era una competenza preziosa, ma oggi uno specialista CRM che non sappia sviluppare in ambiente Salesforce avrebbe vita difficile. 

Il ritardo italiano
Esiste un gap di competenze italiano? “Si, ma non è una novità, è sempre stato così, dice Zanotti. L’Italia soffre storicamente di un gap tecnologico/digitale rispetto a UK, Germania e Francia. La stessa Spagna ha una maturità più avanzata rispetto all’Italia per quanto riguarda trasformazione digitale e cloud. Gap che tende ad accentuarsi per l’endemica arretratezza delle infrastrutture digitali nel nostro territorio”. “Purtroppo esiste, dice Alessandra Matia: le aziende italiane stanno arrivando alla comprensione dei benefici delle nuove tecnologie più lentamente di quelle degli altri Paesi e di conseguenza le competenze su queste nuove tecnologie stanno maturando più lentamente. Dobbiamo anche dire che la capacità del mondo accademico di adattare i propri curricula formativi alle esigenze delle imprese è ancora molto legata all’intraprendenza del singolo istituto e questo limita di molto la qualità media delle competenze che vengono formate ed immesse nel mercato del lavoro. La formazione delle nuove competenze digitali è gestita al momento da qualche soggetto privato, alcune università, anche pubbliche, ma al di fuori da percorsi di studio regolamentati. Un caso su tutti è la Microsoft Dynamics Academy (MDA) dove siamo partner del progetto formativo sviluppato da SDA Bocconi in collaborazione con Microsoft”. Per quanto riguarda le aree più attraenti per un percorso formativo Matia osserva che “I giovani che vogliono fare esperienze di reale innovazione tecnologica sono molto attratti da Inghilterra, Olanda e Germania, racconta Alessandra Miata. Sono Paesi che investono molto in Ricerca e Sviluppo e dove il mondo accademico e quello delle imprese lavora a stretto contatto; è il mercato che indirizza il piano formativo delle Università e le organizzazioni sono particolarmente attive e collaborative per completare sul campo in modo pratico quello che le strutture universitarie impostano a livello teorico. Spesso lo stesso piano di studi è strutturato in moduli integrativi in modo che i neolaureati siano già pronti per iniziare a lavorare senza un’ulteriore formazione iniziale”
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