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Verso un Cio in rete?

Il dibattito sul ruolo dell'It manager è sempre d’attualità. C’è chi pensa che sia destinato a sparire, chi lo confina alla server room e chi lo vede al timone dell’azienda. E se si andasse verso qualcos'altro?

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Continuano a susseguirsi articoli e interventi pubblici sul ruolo attuale e futuro del Cio. Esiste un’ala disfattista, che pensa sia una figura destinata all’estinzione, chi pensa alla sempiterna subalternità e chi lo immagina faro illuminante per l’innovazione del business della propria azienda.
Al centro del dibattito c’è l’evoluzione dell’impresa verso il digitale sotto la spinta di tre forze preponderanti, ovvero il cloud computing, la mobilità e i social media. Questi tre elementi stanno moltiplicando la generazione e la circolazione dei dati. E come si può constatare dallo studio di Forrester raccontato anche da Impresa City, i Cio collaborano per ora in modo scarso con le entità maggiormente in contatto con i clienti, ovvero le figure più esposte alla trasformazione digitale. Poiché la natura ha orrore del vuoto, i ruoli professionali si stanno riposizionando intorno ai dati. Questa tendenza fa pensare che potrebbe essere il marketing a pilotare la trasformazione digitale oppure che potrebbe nascere e diffondersi la figura del Chief Data Officer.
Le varie posizioni convergono sul fatto che il Cio appare oggi scisso fra due ruoli antagonisti: da un lato c’è la gestione di un’infrastruttura centralizzata (hardware + software) e dall’altro appare la partecipazione a un’innovazione per sua natura decentralizzata. Come conciliare questi due aspetti quando ci si porta dietro una storia e dei modelli di governance dell’It sviluppati nella logica della centralizzazione?  

L’eterna tentazione della centralizzazione
La tentazione più istintiva sarebbe quella di centralizzare tutti i progetti digitali e difendersi dai responsabili delle linee di business che vogliono cercare di emanciparsi e acquisire in proprio la tecnologia necessaria. In effetti, gli argomenti utili per evitare una proliferazione di progetti gestiti in autonomia al di sopra dell’It sarebbero diversi:
  • adozione di soluzioni differenti e frammentate fra diversi fornitori
  • mancanza di sicurezza (chi sa cos’è un Ldap?)
  • sviluppi senza garanzia (ordini e contratti poco dettagliati)
  • nessuna organizzazione delle attività ricorrenti e delle competenze di supporto
Senza parlare dei fornitori, che vogliono legare sempre a doppia mandata il proprio interlocutore aziendale con la loro piattaforma a standard chiusi e poi partire lancia in resta contro la direzione degli uffici confinanti. Si finisce come in certi casi, nei quali responsabili diversi chiamano l’It per sviluppare magari un nuovo portale verso lo stesso cliente. Discorso analogo potrebbe essere fatto per le applicazioni per smartphone e tablet, che sono la tendenza del momento.  

Portare l’It dentro le linee di business
Il ruolo centrale della direzione dei sistemi informativi sembra, alla luce di queste considerazioni, imprescindibile, anche se magari in una diversa configurazione e con altre competenze che aiutino ad abbattere qualche muro. Se il modello centralizzato non appare efficace per innovare, perché allora non esplorare la via della decentralizzazione, portando in parte l’It dentro le linee di business? Si eviterebbero cosi i disastri dell’accentramento e si potrebbero accompagnare i manager di business verso la loro trasformazione fondata su cloud, mobile e social media.
Questo modello avrebbe già trovato qualche applicazione passata, laddove per esigenze di “digital factory” o supporto decisionale sono state create strutture molto reattive e con competenze specifiche per rispondere alla necessità di costruire l’e-commerce o fare analisi dei dati. Queste equipe sono divenute presto indipendenti dall’It anche su temi per loro natura centralizzati, come le piattaforme, generando confusione su competenze e obiettivi.
Per evitare nuovi insuccessi, l’idea, da noi abbozzata di recente con un Cio, sarebbe quella di pensare a un responsabile dei sistemi informativi con la maggioranza della propria struttura decentrata nelle linee di business, ma coordinata gerarchicamente e concentrata sullo sviluppo delle competenze sui fronti oggi più caldi, come la mobilità e i social media. Un Cio “community manager”, in pratica, che nelle aziende grandi o medio-grandi potrebbe disporre di un nucleo di persone proprie per supportare le truppe disseminate al “fronte”. Il suo budget sarebbe legato alla formazione e all’innovazione per sviluppare le competenze e mantenerle al passo con le evolzuoni della tecnologia. La rete, poi, potrebbe essere aperta alla comunità esterna delle competenze tecnologiche che possono accompagnare l’impresa nella sua trasformazione.
Questo Cio non sarebbe più il garante del rilascio dei progetti, la cui responsabilità passerebbe alle linee di business. Certo, si tratta di una frattura importante rispetto a una realtà nella quale è l’It a coordinare e viene di conseguenza criticata per i ritardi o gli sforamenti dei budget Il Cio conserverebbe comunque il controllo dell’infrastruttura centralizzata, ma solo in quanto fornitore di servizi, un ruolo che non subisce sfide interne, ma semmai si confronta con il mercato. E anche qualora non lo fosse, la gestione dei fornitori in outsourcing è un ruolo già praticato in molte realtà e condiviso intelligentemente con la direzione acquisti.
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