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L’acquisizione di Virsto può cambiare l’industria dello storage

Il colpo messo a segno da VmWare può essere un indicatore della futura fine dello storage fisico.

Cloud
Qualche giorno fa, VmWare ha annunciato l’acquisizione di Virsto Software, una start-up di Sunnyvale (California), per una cifra non resa pubblica. L’operazione dovrebbe essere finalizzata nel trimestre in corso. 
Non si tratta solo dell’ennesima start-up finita nelle fauci del gigante, ma di un passo importante della strategia più complessiva della società di proprietà di Emc. Virsto, infatti, propone uno storage hypervisor che si inquadra nella crescente tendenza denominata “software defined storage”. In questo senso, va ad aggiungere il mattone che mancava a VmWare per completare la propria visione di “software defined datacenter”. Le dichiarazioni che hanno accompagnato l’annuncio parlano della volontà di accelerare lo sviluppo di tecnologie di storage, permettendo ai clienti di migliorare le prestazioni e l’efficacia dello storage nelle infrastrutture virtualizzate.   

Un controller per lo storage virtuale 
Virsto aveva attirato l’attenzione al VmWorld 2012, vincendo premi e ottenendo finanziamenti da diversi investitori. Come VmWare ha rivoluzionato il mondo dei server x86, la società ora acquisita sperava di fare altrettanto in ambito storage, con la promessa di fornire uno storage hypervisor che consente all’omologo server di far girare servizi storage abitualmente presenti negli slot. L’obiettivo duplice è di migliorare le prestazioni, ma anche ridurre di molto i costi dello storage legato a un’infrastruttura virtualizzata. Non manca la concorrenza in questo specifico segmento, a cominciare da Datacore, presente anche in Italia. 
VmWare ha probabilmente scelto Virsto perché sembrava essere quella meglio integrata con la propria piattaforma vSphere, ma anche con vCenter e View. La tecnologia, in aggiunta, funziona anche con Microsoft Hyper-V e questo consente di rafforzare la competizione con la rivale, in particolare verso Storage Spaces. La compatibilità esiste anche verso Citrix XenDesktop. Vedremo col tempo se la mossa server a smuovere il terreno sotto i piedi dei concorrenti o ad aumentare semplicemente la presenza sul mercato, nell’ambito di una strategia di apertura verso altre tecnologie. 
La tecnologia Virsto risponde a una problematica ricorrente nelle infrastrutture virtuali, ovvero la gestione ottimale delle risorse storage, Gli I/O generati dalle macchine virtuali sono difficili da gestire e i colli di bottiglia sono frequenti. I rack tradizionali fanno fatica a rispondere e un hypervisor dedicato apporta una maggiore flessibilità. La soluzione Virsto è un’appliance molto leggera, capace di virtualizzare fino a 1 Pb di storage. Si inserisce fra i dispositivi esistenti e le virtual machine, virtualizzando le San e presentandole come un unico pool storage Nfs all’hypervisor server.   

Il mattone che mancava 
Per il momento, VmWare continuerà a proporre Virsto come appliance indipendente, per assicurare continuità alla clientela esistente. Più in là, tuttavia, è probabile l’integrazione nell’offerta primaria. In questo senso, il leader della virtualizzazione ha trovato il mattone che mancava alla propria strategia di software defined datacenter, con una gamma ora capace di virtualizzare completamente un ambiente informativo, dai server (vSphere) alle reti (con l’acquisizione di Nicira), fino, appunto, allo storage. 
Andando più lontano, si potrebbe pensare che il software defined storage rappresenti un’evoluzione per tutto ciò che attiene alla memorizzazione, relegando l’hardware a una fine progressiva. La tendenza appare logica in un contesto dove la riduzione dei costi è importante più che mai. Questo consente di non investire più in nuovo storage fisico aggiuntivo, ma in una soluzione più “commoditizzata”, guidata da un “datacenter Os” tanto intelligente da poter fare tutto da solo. 
È evidente che i Big 6 dello storage (Emc, Ibm, Dell, Hp. NetApp e Hds) ancora stentano a riconoscere i cambiamenti in corso. Per il gruppo storico, appare palese come, anche a medio o lungo termine, sia impossibile rimpiazzare unità “intelligenti” (che includono numerose funzionalità di snapshot, duplicazione, tiering, thin provisioning e  così via) in un datacenter semplicemente con del software. Anche se questa posizione non manca di argomenti a favore, pensando alle prestazioni o all’affidabilità, la battaglia è appena iniziata e dall’altra parte c’è una VmWare sempre più convinta di poter realmente guidare la transizione dello storage verso il software. 
Non tutti i Big 6, poi, saranno impattati in ugual modo dalla possibile evoluzione. Emc, infatti, possiede VmWare e, quindi, quale che sarà, in prospettiva, la strada più battuta, i benefici arriveranno. Tra l’altro, l’azienda ha compiuto anche direttamente passi in direzione degli investimenti verso il software defined datacenter e non è escluso che le due realtà stiano lavorando su sviluppi comuni. Le recenti ristrutturazioni lasciano pensare che gli sforzi siano destinati a concentrarsi di più verso il software e non l’hardware. E non è neanche escluso che ci possa essere una maggiore integrazione anche di brand fra le due entità, come lascerebbe intendere la nomina diPat Gelsinger alla guida di VmWare, dopo quattro anni passati in Emc. 
In prospettiva,  come la virtualizzazione dei server non ha eliminato la presenza delle macchine fisiche, qualcosa di simile accadrà anche nello storage. Il software defined storage creerà una categoria di utenti, più interessati a utilizzare lo storage come commodity.
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