SUSE, la modernizzazione dello storage è software defined

Secondo una ricerca SUSE, l’85% delle aziende italiane ritiene che la flessibilità è l’elemento chiave per affrontare la sfida digitale. Per il 97% delle organizzazioni IT il software defined è l’obiettivo a cui tendere

Autore: Redazione

"I sistemi di storage tradizionali non sono adatti a fronteggiare le sfide con cui si confrontano le aziende. Serve un approccio di tipo diverso, qualcosa che permetta di introdurre agilità e flessibilità nelle infrastrutture dei sistemi informativi delle imprese". E’ quanto afferma Gianni Sambiasi, Country Manager di SUSE Italia, commentando i dati emersi dalla ricerca commissionata a LoudHouse in merito alle esigenze delle aziende nell’ambito dello storage. 1.200 i responsabili IT di 11 paesi diversi che sono stati coinvolti nell’indagine.

Dai risultati della ricerca emerge con evidenza che questo è il tema su cui si stanno confrontando le organizzazioni, anche in Italia. L’85% delle aziende italiane afferma, infatti, che la flessibilità è l’elemento chiave per affrontare la sfida digitale mentre il 97% ritiene che soluzioni di questo tipo sono oggi l’obiettivo a cui tendere nell'ambito dello storage. Tuttavia, a fronte di questa consapevolezza, solo il 6% delle aziende afferma di avere già adottato soluzioni di tipo software defined.

“Quanto emerge dalla ricerca rappresenta per noi un’opportunità enorme poiché SUSE ha ormai da tempo sviluppato le proprie soluzioni coerentemente al paradigma software defined”.

Secondo la ricerca, per le aziende italiane i principali vantaggi che deriverebbero dal passaggio al Software Defined Storage sono per il 51% l’aumento delle performance e per il 43% la facilitazione nello sviluppo e nell’implementazione soluzioni e servizi nell’alveo delle nuove aree applicative, tipicamente mobile e big data.

Se da una parte le esigenze di trasformazione e modernizzazione dello storage sono indissolubilmente legate al modello software defined - grazie ai vantaggi che è possibile conseguire in virtù del disaccopiamento hadrware e software che tale modello determina – dall’altra emerge come queste esigenze possono essere soddisfatte al meglio con tutto è quanto oggi disponibile nel mondo software open source.

"Significa – dice Sambiasi – sganciarsi dalla logica proprietaria aprendo nuovi cantieri che predispongano alla creazione di ambienti open con tutti i vantaggi che ne possono derivare in termini di acquisizione di nuove tecnologie e in termini di riduzione complessiva dei costi".

Da una parte, quindi, efficientamento delle architetture di storage trasversali all’organizzazione, dall’altra investimenti specifici orientati allo sviluppo di nuovi servizi.

In questo contesto appare, infine, sempre più importante riuscire a portare le proprie soluzioni fornendo la connettività e l’integrazione con le risorse IT esistenti. Una filosofia che SUSE sostiene e sponsorizza nella consapevolezza che l’introduzione di software open source deve coesistere e poter essere integrata con una pluralità di tecnologie.

Ecco, quindi, il supporto a tutto l’eterogeneo stack di hypervisor, siano essi di derivazione Vmware piuttosto che Microsoft, e in termini più generali un approccio open Api che faciliti una connected enterprise che metta l’open source al centro della propria infrastruttura software.

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