Rottamare il software inutile per evitare la burocrazia digitale

Per fare cloud efficiente si deve rottamare software e infrastrutture inutili, afferma Michele Melchionda, Responsabile Servizi della Corte dei conti

Autore: Piero Macrì

Il pericolo che sottintende la transizione al cloud della PA? La burocrazia digitale. Michele Melchionda, Responsabile del Centro unico servizi della Corte dei conti presso la DGSIA, nel suo intervento presso il Forum PA, sottolinea i limiti di una possibile e annunciata trasformazione digitale.
“Se non si cambia l’approccio generale, se non si cambiano gli elementi di fondo, tutto rischia di rimanere nella sostanza immutato”.

Attenzione, quindi, ci si può illudere di cambiare tutto mentre si è destinati a non cambiare un bel nulla, è il messaggio di Melchionda. “Un filtro alla trasformazione è nelle mani di coloro che gestiscono l’ICT nella PA. La resistenza al cambiamento risiede proprio li dentro. Si fa finta di non accorgersi che andiamo nella direzione sbagliata. Per quantità di applicazioni custom e legacy non esiste luogo al mondo come la PA italiana. Se non si cambia passo si rischia di metabolizzare nel cloud quello che ereditiamo dal passato”.

"In Corte dei Conti abbiamo iniziato un percorso di rinnovamento, progressivamente eliminando le componenti che non hanno ragione di esistere dando vita a un cloud ibrido e avvalendoci di una molteplicità di risorse, da Amazon a Microsoft Azure, così come realtà italiane, incontrando tutti coloro che hanno iniziato a ragionare in questa modalità”.

Secondo Melchionda è sbagliato focalizzarsi sulle infrastrutture. “Queste, dice il Responsabile dei servizi della Corte dei Conti rappresentano la sintesi di un progetto più ampio. Si deve trasformare il modo di gestire i dati e le applicazioni di riferimento. Guardiamo a quello che è successo negli ultimi anni. A fronte di un aumento rilevanti dei dati trattati il framework applicativo è rimasto sempre lo stesso”.

La Pubblica Amministrazione è la più grande software house italiana. Nel tempo ha contribuito a creare tonnellate di software inutile che continuiamo a gestire e manutenere ignorando quello che il cloud oggi mette a disposizione. La burocrazia presidia questi luoghi utilizzando il maggior numero di risorse per mantenere in vita sé stessa. Occorre capovolgere la logica che muove gli investimenti, mettendo al centro i servizi al cittadino. E’ quest’ultimo il vero azionista dalla PA”.

Per fare cloud in modo efficiente occorre quindi avere il coraggio di rottamare software e infrastrutture inutili analizzando cosa può essere utilizzato al loro posto. Ed è inutile – sottolinea una volta ancora Melchionda – continuare a parlare di data center se non si modificano le condizioni a livello applicativo. Continuare a manutenere un prodotto inutile significa fare diseconomia. Occorre un vero e proprio intervento di bonifica che consenta di trarre vantaggio dal cloud. Ottimizzare, riorganizzare le risorse considerandole assett strategici”.   

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