Il “phubbing”, termine nato dalla fusione di “phone” e “snubbing” (“snobbare con il telefono”), indica la pratica di ignorare una persona per prestare attenzione al proprio smartphone.
Autore: Redazione ImpresaCity
Nel contesto lavorativo, alcuni atteggiamenti e comportamenti che nella vita quotidiana possono risultare fastidiosi o ferire, diventano ancora più dannosi, rischiando di compromettere non solo il clima aziendale, ma anche il benessere psicologico dei dipendenti. Non a caso, 9 lavoratori italiani su 10 (92%) dichiarano di essere influenzati da comportamenti negativi da parte di colleghi o superiori. Tra i fattori che pesano maggiormente sull’andamento e sulla qualità della giornata lavorativa emergono il gossip e i giudizi “alle spalle” (34%), seguiti da non costruttive (28%) e da “scherzi” o ironie che celano attacchi personali (26%).
In occasione della Giornata Mondiale della Gentilezza, che ricorre il 13 novembre, Babbel for Business, soluzione per la formazione linguistica aziendale, ha presentato i risultati di una ricerca condotta in collaborazione con l’istituto Censuswide. L’indagine mette in luce i comportamenti che rischiano di generare negatività sul posto di lavoro ed evidenzia l’importanza della gentilezza come una “soft skill” essenziale per creare un ambiente positivo e produttivo.
“I dati dimostrano che quasi tutti i lavoratori italiani subiscono l’impatto di comportamenti negativi, spesso legati ad un uso poco attento del linguaggio, dalle critiche pubbliche all’uso di gerghi che possono escludere. Per questo, la gentilezza rappresenta una competenza trasversale in grado di fare la differenza nel moderno ambiente di lavoro: promuovere una comunicazione attenta e inclusiva non solo migliora il benessere delle persone, ma contribuisce a creare in modo concreto equità, motivazione e, in ultima analisi, un impatto significativo sulle performance aziendali” dichiara Laura Gualdi, Senior Learning Content Quality Manager di Babbel for Business.
Cosa irrita i dipendenti: atteggiamenti scorretti dei colleghi e favoritismi dei superiori
La qualità del rapporto con i colleghi è un elemento fondamentale per il benessere dei dipendenti, e capire quali comportamenti vengono percepiti come più fastidiosi è essenziale. Secondo la ricerca di Babbel for Business, in cima alla classifica si colloca la mancanza di rispetto per il lavoro e l’impegno altrui (31%), con picchi che superano la media nazionale in alcuni settori: 39% nel sanitario e 37% in quello media, marketing e vendite. Segue a breve distanza il gossip (30%), particolarmente diffuso tra chi lavora nei settori della logistica e della manifattura (entrambi 41%). Al terzo posto si posiziona il prendersi il merito del lavoro altrui, segnalato dal 28% dei rispondenti, con valori più alti nei settori educazione e IT (entrambi 35%).
Analizzando più nel dettaglio i comportamenti legati alla comunicazione, emergono dinamiche spesso controproducenti o irrispettose, seppur con alcune differenze generazionali. Interrompere ripetutamente il discorso di qualcuno è considerato il gesto più irrispettoso da quasi 4 italiani su 10 (39%), e sale al 45% tra i Baby Boomer. Provocano particolare fastidio anche correggere pubblicamente grammatica o pronuncia (31%) e monopolizzare la conversazione senza lasciare spazio agli altri (28%).
Per la Gen Z, invece, a risultare ancora più irritante è un altro atteggiamento: dare per scontato che tutti comprendano acronimi o gerghi, segnalato dal 36% dei rispondenti, +8 punti percentuali sopra la media nazionale (28%); un dato che riflette una generazione attenta all’inclusività linguistica e alla chiarezza nella comunicazione.
Quando si parla del rapporto con i superiori, mostrare favoritismi è il comportamento più seccante (41%), con una netta differenza di genere: 46% tra le donne e 36% tra gli uomini, a conferma di una maggiore sensibilità femminile verso la percezione di equità e riconoscimento.
Un altro elemento di forte irritazione è la mancanza di riconoscimento per l’impegno dei dipendenti, indicata da circa 1 persona su 3 (32%), seguita a breve distanza da critiche espresse in pubblico (30%), entrambe capaci di minare motivazione e sul senso di fiducia nei confronti della persona responsabile. Infine, il “micromanaging” infastidisce quasi 1 persona su 5 tra i 35 e i 44 anni (19%), con uno stile eccessivamente controllante che monitora ogni dettaglio del lavoro.
“Phubbing” in ufficio: fastidioso per 4 italiani su 10, più tollerato dalla Gen Z
Il lavoro da remoto ha introdotto nuove dinamiche di interazione tra colleghi e le videochiamate restano un terreno fertile per irritazioni quotidiane. 9 italiani su 10 dichiarano di essersi sentiti infastiditi durante una call con il 30% che segnala interruzioni costanti, il 27% la mancanza di puntualità nell’ingresso in riunione e un altro 27% la presenza di colleghi impreparati che leggono appunti nascosti. Essere visibilmente distratti durante le videocall risulta invece il comportamento più snervante per la Generazione X (30% dei rispondenti).
Tra le forme di distrazione digitale che sorprendono di più compare anche la pratica del “phubbing”, termine nato dalla fusione di “phone” e “snubbing” (“snobbare con il telefono”), che indica la pratica di ignorare una persona per prestare attenzione al proprio smartphone. Nonostante sia un “rumore” di fondo sempre più diffuso nelle giornate, in ufficio questo gesto mina la connessione umana. Il 75% degli italiani dichiara di aver subito episodi di phubbing in ambito professionale, quota che sale fino al 91% tra la Gen Z (di cui il 28% afferma di notarlo spesso).
Tuttavia, il phubbing non è percepito allo stesso modo da tutte le generazioni. Se il 43% del campione complessivo lo considera un atteggiamento irrispettoso, la percentuale scende al 27% tra la Gen Z, più incline a considerarlo accettabile in caso di urgenza o necessità (33% dei rispondenti). Al contrario, i più sensibili al fenomeno risultano la Generazione X (49%, +6 punti percentuali rispetto alla media nazionale) e i Baby Boomer (47%, +4 punti).