Parliamo diffusamente di AI e siamo contro o a favore, ma la questione che molti dovrebbero porsi si muove su un piano completamente diverso
Autore: Francesco Pignatelli
Nel mare magnum delle cose belle e brutte che si dicono ogni giorno sull'Intelligenza Artificiale, una ventata di buon senso è arrivata qualche tempo fa da Matt Garman, CEO di AWS. La "fonte" è significativa perché non si può certo dire che AWS non sia tra i sostenitori dell'AI e della GenAI in particolare. Ci sta lavorando da tempo, offre sempre più servizi cloud specifici, non fa mistero di credere che buona parte del suo giro d'affari verrà dalla crescita nel numero delle imprese che useranno il cloud AWS per creare nuove soluzioni di Intelligenza Artificiale.
Premesso questo, Garman non l'ha toccata piano quando ha affermato, in una conversazione per Forward Future, che pensare di eliminare i ruoli junior perché l'AI potrebbe svolgere i loro compiti è "la cosa più stupida che abbia mai sentito". Considerato che usare l'AI al posto delle figure junior è esattamente quello che sognano molti CEO, l'opinione di Garman è significativa. Ma a chi nelle imprese sta cercando, con fatica, di tirare sull'AI qualche conclusione che non sia solo tattica e di breve periodo, sembrerà strana rispetto a pareri altrettanto autorevoli.
Come, per fare un esempio colorito, quello di Jensen Huang, CEO di Nvidia, che tempo fa sottolineava come grazie all'AI sia diventato inutile imparare a programmare. Anche al netto degli slogan di marketing, a cui ormai nell'IT non crede più nessuno da anni, c'è insomma grande confusione sotto il cielo dell'AI. E, a differenza di come la vedeva Mao, per le imprese la grande confusione non è mai sinonimo di una situazione eccellente: se proprio non si può evitare, serve una bussola per navigarla.
Da questo punto di vista è interessante che Matt Garman non abbia mantenuto il suo discorso sul piano più tecnico o su quello dei ruoli che sono più o meno a "rischio estinzione" per colpa dell'AI. Garman ha invece sottolineato un elemento concettuale molto importante: “Penso che le competenze su cui bisognerebbe porre l'accento siano: come pensi con la tua testa? Come sviluppi il ragionamento critico per risolvere i problemi? Come sviluppi la creatività? Come sviluppi una mentalità orientata all'apprendimento, che ti spinge a imparare a fare la cosa successiva?”.
Così facendo, il manager di AWS sposta in secondo piano il tema dell'acquisizione di specifiche competenze in funzione di una maggiore produttività, mettendo al centro dell'attenzione la capacità delle persone di affrontare problemi sempre nuovi in un percorso di miglioramento continuo, in cui il ragionamento critico e le creatività sono essenziali. Perché la questione che molti dovrebbero porsi non è tanto l'accettazione integrata dell'AI o il suo rifiuto apocalittico, quanto il ruolo che le persone hanno nella propria visione del mondo e delle imprese.
(*) "Apocalittici e integrati" è un saggio pubblicato da Umberto Eco nel lontano 1964, nel quale si analizzano le caratteristiche della (allora nuova) cultura di massa creata dai mass media. È sorprendente, per certi versi, come a sessant'anni di distanza molti concetti espressi nel saggio siano perfettamente applicabili alla "massificazione" dell'Intelligenza Artificiale ad opera della GenAI.