Evoluzioni e criticità dello sviluppo applicativo in Italia

The Innovation Group ha fotografato per Micro Focus le strategie di application development di grandi aziende e terze parti specializzate.

Autore: Roberto Bonino

Pur in un contesto an cora fortemente ancorato alle piattaforme native presenti, lo sviluppo applicativo per le aziende italiane sta evolvendo, soprattutto in direzione del Web e del mondo mobile. La fotografia è stata scattata da The Innovation Group, che, su commissione di Micro Focus, ha analizzato la realtà di 178 realtà, perlopiù appartenenti a grandi aziende o a system integrator e Isv.
Il quadro complessivo che emerge evidenzia la necessità per i team di sviluppo di rispondere ai mutamenti della domanda, derivati soprattutto dall’affermazione dei paradigmi della mobilità e del cloud, pur in un quadro complessivo ancora dominato dalla necessità di contenere i costi e dedicare risorse alla manutenzione degli ambienti nativi.
Gli sviluppi attuali sono improntati al massiccio utilizzo di strumenti Web multibrowser, già in corso per il 70% del campione analizzato. L’interesse verso le piattaforme mobile e il cloud, sia pubblico che privato, sta comunque crescendo, tant’è che già oggi coinvolge, rispettivamente, il 38 e il 32% delle aziende, ma è previsto in un altro terzo circa del campione. I nuovi sviluppi, tuttavia, pesano solo il 21% sulle strategie in corso, mentre il 39% è ancora assorbito dalla manutenzione delle applicazioni sulle piattaforme native e il 40% dalla loro modernizzazione o trasformazione.  

Controllo dei costi e allineamento al business fra le priorità più sentite

Per un’azienda su due, in Italia, la principale priorità connessa all’application development resta la riduzione dei costi, ma piuttosto significativo è il 47% che ha indicato lo sviluppo per piattaforme mobili. Dall’indagine emerge comunque che le priorità degli sviluppatori sono legate a esigenze connesse al rapporto con le altre componenti delle aziende o a fattori esterni condizionanti, piuttosto che a bisogni di natura interna. Il 47% del campione ha indicato la necessità di fornire una migliore risposta utenti e mercati e il 34% la risposta a requisiti di natura normativa. Meno sentite problematiche come il controllo end-to-end sullo sviluppo (21%) o il time-to-market (18%).
Questa tendenza a un approccio più operativo che organizzativo si rispecchia nella rilevazione dei punti critici dell’application development in Italia, con prevalenza per l’allineamento alle aspettative del business e alla rimozione dei silos funzionale a una miglior collaborazione fra i team coinvolti. I partecipanti all’indagine hanno attribuito mediamente un peso meno rilevante agli aspetti collegati alla qualità del software (e ai test necessari per garantirla) e all’automazione dei processi: “Questo dato testimonia una maturità culturale ancora scarsa e un atteggiamento in qualche modo contraddittorio – commenta Elena Vaciago, associate senior analyst di The Innovation Group -. Se la riduzione dei costi è prioritaria, infatti, proprio l’uso di strumenti automatici contribuisce a raggiungerla. Poco sentita anche la visibilità end-to-end sui processi, anche se dovrebbe essere un prerequisito essenziale per raggiungere l’obiettivo di allinearsi al business e aumentare la collaborazione”.
Considerando poi che il 51% delle aziende mixa il lavoro delle strutture interne con l’apporto di fornitori esterni (e un altro 5% esternalizza tutto), “desta preoccupazione che ci sia una percezione non sufficiente dell’importanza di avere una visibilità costante sullo stato dei progetti e dell’utilizzo di strumenti automatici”, aggiunge Giuseppe Gigante, regional marketing manager di Micro Focus. Peraltro, nella metà delle realtà analizzate, i team interni non superano le nove unità e solo nel 18% dei casi si va oltre i cento. 

Il problema del ricambio generazionale

L’ambiente di sviluppo più utilizzato è .Net di Microsoft, con il 52% di menzioni, ma a breve distanza segue Java (50%). Tutto sommato ancora elevate (fra il 36 e il 37%) le percentuali di aziende dove si lavora in ambienti mainframe ed Erp, nel primo caso soprattutto in ambito finanziario e nel secondo prevalentemente fra le industrie manifatturiere.
Data la situazione esistente, quello del ricambio generazionale fra gli sviluppatori è e continuerà a essere un tema critico. Infatti, il 58% del campione analizzato ha riscontrato, in tutto o in parte, difficoltà nell’integrazione di nuovi professionisti, spesso privi della necessaria competenza per la manutenzione e riscrittura di applicazioni esistenti. La maggiori difficoltà sono collegate a Java (48%), un ambiente spesso poco documentato e commentato da chi ha scritto gli Ejb (e poi, magari, ha lasciato l’azienda), ma anche il Cobol (32%) presenta criticità legate soprattutto alla mancanza di conoscenza approfondita fra la giovane forza lavoro.
Un’ulteriore conferma della scarsa maturità ancora diffusa nelle aziende italiane deriva dall’analisi delle modalità di esecuzione della raccolta dei requisiti per gli sviluppi e delle attività di testing. Nel primo caso, il 58% del campione ha dichiarato di lavorare con strumenti interni (solo il 20% con prodotti specifici), mentre nel secondo soprattutto i test funzionali (46%) sono realizzati manualmente: “SI tratta di forti vincoli al raggiungimento degli obiettivi di efficienza, collaborazione e qualità, che pure sono stati indicato come prioritari”, specifica Gigante. Un discorso simile può essere fatto per il change & configuration management, dove il 58% delle aziende utilizza strumenti interni.

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