Fujitsu, se i container accelerano l’AI e la developer experience

Mehul Doshi, Chief Evangelist Emea di Fujitsu, illustra perché oggi i container sono sempre più al centro delle piattaforme cloud-native e dello sviluppo dell’intelligenza artificiale

Autore: e. b.

Anche se c’è chi sostiene che i container software risalgono addirittura agli anni Sessanta del secolo scorso, la loro tecnologia è salita alla ribalta solo dieci anni fa, nel 2013, con l'arrivo di Docker, seguito l'anno successivo da Kubernetes. A un solo mese di distanza dalla sua prima release di test, Docker era stato sperimentato da 10.000 sviluppatori. Nel 2014 il software era stato scaricato 2,75 milioni di volte, per superare quindi il traguardo dei 100 milioni meno di un anno dopo. E da allora è stata crescita ininterrotta, tanto che stime autorevoli indicano che il mercato mondiale del software di containerizzazione è destinato a totalizzare un valore di 3,2 miliardi di dollari nel 2023 con un Cagr dell'11% dal 2023 al 2028”. Esordisce così Mehul Doshi, Chief Evangelist, Director Business Development Emea CLC di Fujitsu, nell’esaminare quale potrebbe essere il ruolo dei container per accelerare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e l’esperienza degli sviluppatori.

Vaste potenzialità

Nonostante la popolarità dei container che erogano microservizi, prosegue Doshi, “molte aziende, probabilmente fino al 30% del totale su scala globale, devono ancora adottare questa tecnologia. Ed è per questo che tali aziende hanno bisogno di essere convinte a mantenere un approccio aperto nei confronti delle varie opzioni esplorabili per promuovere l'innovazione”.

È un fatto che con la loro capacità di accelerare lo sviluppo dell’AI, favorire la trasformazione digitale e fornire livelli di flessibilità senza precedenti, i container presentano “vaste potenzialità per aprire a nuove possibilità e proiettare le aziende verso un successo garantito”, fa notare Doshi, spiegando che “è opportuno tenere aperte tutte le opzioni e richiedere pareri obiettivi in merito alla varietà delle alternative disponibili. Un ‘test drive’ è un modo perfetto per fare esattamente questo: la possibilità offerta da Fujitsu, per esempio, garantisce un'eccellente opportunità per poter valutare soluzioni basate sui container e prendere decisioni informate prima di investire nella loro implementazione”.


Mehul Doshi di Fujitsu

Alla base dello sviluppo cloud-native

Allargando il discorso, “gli aspetti positivi dei container sono molti”, racconta Doshi, evidenziando che “rispetto alle macchine virtuali, VM, i container consumano molte meno risorse, si avviano più velocemente e la loro gestione è meno pesante: se le VM introducono un livello di astrazione tra il software e l'hardware sottostante, permettendo di far girare più istanze dello stesso software su un medesimo dispositivo, mentre i container separano l'hardware e l'ambiente operativo sottostanti dai servizi. Si può dunque disporre di tanti ‘microservizi’ containerizzati, tanti quanti se ne desiderano, ed è possibile farlo in tempo reale. Tutto ciò viene fatto senza aggravi né ulteriori costi di licenza per Oracle, SQL Server o altre applicazioni, come invece accadrebbe nel caso delle VM”.

Non solo: i container sono anche “completamente in linea con le principali nuove tendenze in atto nel mondo dello sviluppo software, essendo perfetti per DevOps e sviluppo Agile, che richiedono ai programmatori di lavorare separatamente rispetto alla piattaforma. I container rendono uniforme l'ambiente di lavoro di uno sviluppatore ovunque egli si trovi. Per esempio, non è più necessario doversi preoccupare di garantire la coerenza dell'ambiente di sviluppo attraverso mappature hardware”, spiega ancora Doshi.

Ma ci sono anche altri motivi a favore dei container, dato che sono “ideali anche per il lavoro da remoto, un modello che ormai è predominante nell'ambiente dello sviluppo, e facilitano la messa a punto di strategie per la business continuity e la resilienza, assicurando l'isolamento tra le diverse applicazioni, accorgimento che aiuta a ridurre il rischio di conflitto tra le applicazioni stesse e rafforzare la stabilità complessiva di un sistema”, racconta Doshi, spiegando che “i container possono anche contribuire a rendere le applicazioni portabili e in grado di girare su qualunque infrastruttura: ciò può contribuire ad alleviare il rischio di lock-in su uno specifico fornitore e semplificare lo spostamento delle applicazioni tra ambienti differenti”.


A tutto open source

Alla luce di queste considerazioni, i container sono dunque un elemento fondamentale su cui basare lo sviluppo cloud-native, e “considerata l’enfasi posta sulla portabilità e sull'interoperabilità tra piattaforme, si capisce bene come mai i container siano stati sviluppati sotto forma di software open source fin dai primi anni 2000”, evidenzia Doshi, ricordando che “Google ha iniziato a usare i container su vasta scala con Cgroups nel 2004 procedendo quindi nel 2008 al merge con LXC, i container Linux basati su Cgroups. E anche se Docker è basato su Linux, Kubernetes invece non lo è; tuttavia, si tratta anche di una piattaforma open source per l'orchestrazione di container in grado di girare su qualsiasi sistema operativo che supporti i container. La tecnologia è decollata definitivamente nel 2017. Nell'aprile di quell'anno Microsoft è riuscita a fare in modo che su Windows Server potessero girare i container Linux, e aziende come Pivotal, Rancher (Suse), AWS e persino Docker hanno iniziato a supportare Kubernetes consolidandone la posizione quale tecnologia standard per l'orchestrazione dei container”.

Fujitsu è completamente in linea con questa “egemonia” dell’open source, prosegue Doshi, visto che “fa parte da lungo tempo della Linux Foundation ed è membro fondatore della Open Container Initiative (OCI) e della Cloud Native Computing Foundation (CNCF), oltre a proporre opzioni Red Hat e Rancher integrate nelle proprie soluzioni per SAP e cloud ibridi”.



Container e AI

Infine, oggi c’è un particolare interesse nei confronti dell'utilizzo dei container ai fini dello sviluppo dell’AI. I container possono infatti aiutare a isolare i modelli AI l'uno dall'altro, il che può contribuire a ridurre i conflitti tra modelli e migliorare la stabilità. Ecco perché la modalità di Fujitsu per i test drive di Kubernetes è disponibile all’interno della AI Test Drive facility, già accessibile in Italia tramite Finix Technology Solutions, distributore esclusivo di tutte le soluzioni Fujitsu nel Paese.

“L’AI Test Drive di Fujitsu è ideale per abbattere i costi di sviluppo delle applicazioni di intelligenza artificiale, che notoriamente richiedono un livello di computing power elevato e costoso anche in cloud. Siamo lieti di poterlo offrire anche alle aziende italiane attraverso Finix Technology Solutions, e questa estensione anche alle funzionalità Kubernetes conferma l’affidabilità delle soluzioni di infrastruttura AI di Fujitsu.”, commenta Giovanni Landi, Portfolio & Marketing Director di Finix Technology Solutions.

La piattaforma permette di mostrare come la tecnologia dei container sia relativamente semplice da gestire, implementare e utilizzare. I tool resi disponibili dai produttori di container aumentano questa semplicità, mentre la fase di test drive comprende il contributo degli esperti Fujitsu, per aiutare i clienti a iniziare le sperimentazioni e rispondere a qualsiasi domanda che dovesse emergere nel corso delle prove. Il fatto che qualsiasi cliente che decida di fare un test drive di Kubernetes disponga molto probabilmente di un proprio ambiente specifico diverso da tutti gli altri è un aspetto coerente con la soluzione: i container sono relativamente neutri nei confronti di qualunque ambiente, quindi i clienti possono fare ciò che preferiscono senza alcun vincolo.


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