Energy Management, come misurare il consumo energetico

Il digitale e un utilizzo più intensivo ed estensivo dei dati stanno abilitando profondi cambiamenti e innovazioni nell'ambito dell'efficienza energetica

Autore: Piero Macrì

Riuscire a misurare il consumo energetico per creare le condizioni di una riduzione dei costi complessivi di produzione è un obiettivo che sino a qualche anno fa era sottovalutato – per ragioni di tipo culturale, di mancanza di conoscenza dei reali vantaggi piuttosto che per ragioni economiche ovvero per indisponibilità finanziaria - ma che inizia ad essere oggi al centro dell’attenzione grazie a una serie di misure assunte a livello nazionale ed europeo e al progresso e innovazione che si sono verificati in ambito tecnologico.

Per le imprese italiane significa avere la possibilità di attenuare il gap energetico nei confronti dei concorrenti europei i quali, grazie a un costo energia mediamente più basso, possono contare su prezzi più favorevoli ed essere, quindi, potenzialmente più competitivi.

Come affermato da Federico Frattini, Full Professor del Politecnico di Milano nel corso dell’evento Digital Energy Innovative Solutions and New Opportunities promosso da Microsoft, “Il settore dell’energia è oggetto di trasformazione in più punti della filiera. Il digitale e un utilizzo più intensivo ed estensivo dei dati stanno abilitando profondi cambiamenti e innovazioni nel modello di business. Anche in questo caso vale lo stesso discorso che interessa tutte le più diverse organizzazioni. L’obiettivo cui tendere è rendere coerente l’impresa industriale con un ecosistema software e analytics abilitante il paradigma della data driven company”.

Da una parte la strategia ambientale intrapresa dall’Unione Europea, che ha fissato il target di riduzione del 20% dei consumi dei Paesi membri entro il 2020, dall’altra l’affermazione delle Energy Service Company, ovvero imprese certificate in grado di fornire tutti i servizi necessari per la realizzazione di un intervento di efficienza energetica.

Una forte spinta alla diffusione della efficienza energetica è arrivata anche dal decreto legislativo del 4 luglio 2014 che ha reso la diagnosi energetica obbligatoria per alcune tipologie di aziende (quelle più grandi e quelle classificate come energivore) le quali hanno l’obbligo di sottoporsi ogni 4 anni a un audit, una procedura che permette di capire come si consuma energia e dove bisogna intervenire per migliorarne l’utilizzo. Tutta una serie di interventi, quindi, che hanno contribuito alla crescita di un ecosistema che ha come missione l’efficientamento energetico.

Un fenomeno, quello sinora descritto, che trova conferma nei dati. Nel corso del 2016 le ESCo (Energy Service Companies) certificate sono aumentate di quasi il 90%, passando in un anno da 144 a 272 (45 delle quali nate dopo il 2012) e facendo crescere del 10% nell’ultimo quinquennio i dipendenti degli operatori specializzati in efficienza energetica, che lo scorso anno erano 7300. Non solo, secondo l’Energy & Srategy Group del Politecnico di Milano le previsioni di investimento relative al periodo 2017-2020 si attestano tra i 29,8 e i 34,4 miliardi di euro, con un volume d’affari medio annuo tra i 7,5 e gli 8,6 miliardi.

Nell’ultimo anno gli investimenti sono stati di 5,5 miliardi, in crescita di oltre il 10% rispetto all’anno precedente, di cui 1,7 miliardi generati da interventi nel settore industriale. Certo, siamo solo all’inizio: secondo una recente ricerca del Politecnico che ha coinvolto un panel di aziende italiane con più di 50 milioni di fatturato sono però solo il 10% quelle che utilizzano sistemi evoluti di energy management. La maggior parte delle aziende utilizza delle applicazioni molto basiche, tendenzialmente di monitoraggio.

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