Decreto Sviluppo, R.ETE. Imprese Italia: "Serve ben altro"

Il Presidente di R.ETE. Imprese Italia, Giorgio Guerrini: "Non basta puntare sulle start up se poi in Italia continuano a non esserci le condizioni favorevoli perché le imprese possano svilupparsi e generare occupazione".

Autore: Redazione ImpresaCity

"Apprezziamo la buona volontà del Governo, ma il decreto sviluppo non risponde alle attese degli imprenditori che ogni giorno si battono per resistere alla crisi. Per rimettere in moto la crescita del Paese serve ben altro".
E’ il commento espresso dal Presidente di R.ETE. Imprese Italia, Giorgio Guerrini, sui provvedimenti varati dal Governo.
"Non basta – sottolinea Guerrini - puntare sulle start up innovative, peraltro con un approccio molto distante dalla realtà imprenditoriale italiana, se poi in Italia continuano a non esserci le condizioni favorevoli perché le imprese possano svilupparsi e generare occupazione. Per offrire un futuro alle giovani generazioni occorre sicuramente facilitare la creazione d’impresa, ma è anche indispensabile dare segnali concreti alle imprese già esistenti e assicurare la continuità e la solidità del nostro tessuto produttivo".
"Siamo il Paese europeo con i maggiori ostacoli all’attività imprenditoriale. A cominciare dal macigno di adempimenti burocratici che ci costa 26 miliardi l’anno. Ma – aggiunge Guerrini - quanto ancora dovremo aspettare perché vengano rimossi se il Governo li affronta con un Disegno di legge di semplificazione destinato ad un lungo ed incerto iter parlamentare di approvazione?" .
"La situazione economica – conclude il Presidente di R.ETE. Imprese Italia - impone scelte più nette e orientate alla realtà del tessuto produttivo italiano, composto per la quasi totalità dal sistema di impresa diffusa e da micro, piccole e medie imprese che, nonostante la crisi, mantengono vitale l’economia del nostro Paese. Ma abbiamo bisogno di un carburante potente fatto di riforme contro la burocrazia sempre più costosa, la pressione fiscale alle stelle, le inefficienze e gli sprechi della spesa pubblica, le carenze infrastrutturali".

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