Unioncamere, le medie imprese tornano a crescere nel 2011

L'indagine annuale Mediobanca-Unioncamere vede per il 2011 un miglioramento degli indicatori economici delle medie imprese industriali. Queste aziende hanno saputo reagire alla crisi soprattutto grazie all'export. Ma il fisco continua a pesare su questa categoria.

Autore: Redazione ImpresaCity

Le prime a risentire della crisi. Le prime anche a riavviare il proprio percorso di crescita e a guardare al 2011 con ragionevole ottimismo. Le 4.030 medie imprese industriali (3.921 considerando quelle che presentano il bilancio in forma consolidata), monitorate da  dieci anni  da Mediobanca e Unioncamere nella periodica indagine annuale, hanno ripreso fiato nel 2010 e prevedono per quest'anno un ulteriore miglioramento di tutti gli indicatori economici, dopo aver subito nel 2009 un forte calo del fatturato (-16,3%), delle esportazioni (-18,4%) e del valore aggiunto (-9,1%),
Certo, riporta l'unione delle camere di commercio, "qualcuna  è  caduta sul campo", visto che nel passaggio dal 2007 al 2008, annus horribilis della crisi per le medie imprese, 240 aziende hanno smesso di far parte di questa componente così dinamica della nostra economia, uscendo dal campo di osservazione dell‟indagine o perché hanno ridotto la propria dimensione (in termini occupazionali o di fatturato) o perché sono state acquisite o, in casi più rari, perché fallite.
L'indagine su un campione rappresentativo di medie imprese industriali mostra che nel 2011 il 63,7% di questa tipologia aziendale prevede un aumento del fatturato (era il 61,7% nel 2010 e solo l'11,4% nel 2009) ed il 55,9% un incremento della produzione.
Le medie imprese hanno ulteriormente accresciuto la propensione all'export, tanto che la quota di aziende esportatrici è passata dall‟83% del 2009 al 94% del 2011; per quest'anno sono convinte che le vendite all'estero continueranno ad aumentare (lo prevede il 57,3%) ma, allo stesso tempo, riprenderà vigore anche il mercato domestico (è quanto si attende il 42%).
D'altro canto, questi campioni del made in Italy, che nel tempo hanno allargato la propria diffusione sui mercati mondiali anche attraverso processi di acquisizione di imprese estere (1.834 le aziende estere controllate, di cui 355 manifatturiere), hanno risposto alla crisi della domanda internazionale ampliando i propri mercati di sbocco: se nel 2008 un terzo delle medie imprese esportava solo nell'Unione europea, nel 2010 questa quota si è ridotta al 3%. Lo scorso anno, l‟88% delle medie aziende operava sia nella Ue che sui mercati extraeuropei (13% con gli Usa, 11% con Russia ed Est Europa, 9% con Brasile, India e Cina, 7% con i Paesi del Mediterraneo e con quelli arabi).
Quest'anno, poi, le medie imprese intravedono migliori prospettive soprattutto negli Usa e nei Paesi emergenti, mentre nuvole corrono sui cieli della Russia e dei Paesi arabi. Forte ripresa degli investimenti nel 2010 ma con qualche cautela per il 2011.
Una elaborazione svolta all'interno dell‟indagine di quest'anno mostra che se questi campioni del Made in Italy avessero pagato gli stessi oneri fiscali delle grandi imprese (32,9% invece del 45,5%), avrebbero "risparmiato" in 10 anni quasi 9 miliardi di euro, pari al 20% dei mezzi propri a fine 2008, al 16% del cumulo degli investimenti eseguiti ed al 24% degli utili del decennio.

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