Non necessariamente e solo Big Data

La tecnologia per gestire dati eterogenei così come analizzare volumi in tempi più rapidi esiste. La complessità maggiore sta però nel definire e comprendere quali sono i dati e le informazioni che possono essere utili acquisire. Il problema è innanzitutto legato alla capacità di porsi delle domande.

Autore: Piero Macrì

Il fenomeno delle internet companies che si è andato progressivamente affermando negli ultimi vent’anni ha reso necessario, se non indispensabile, riuscire ad analizzare, tipologie di dati differenti, tipicamente dati non strutturati, in volumi sensibilmente superiori a quelli di una tipica enterprise e a una velocità di elaborazione real time o near real time.
Big Data è diventato sinonimo di internet business, la capacità di sondare e analizzare l’essenza stessa del proprio ecosistema eseguendo uno screening dei comportamenti di clienti e utenti in una dimensione online. Ma col passare del tempo ci si è resi conto che quelle stesse tecnologie avrebbero potuto dare un contributo anche ad aziende che hanno un business più tradizionale e non necessariamente internet based.



Va da sé che vi sono alcuni settori che possono capitalizzare in modo più immediato i vantaggi del Big Data, il mondo finanziario e sanitario innanzitutto. Ma può essere un’opportunità anche per altri settori di mercato? Dipende innanzitutto da quanto il business delle singole aziende si è diversificato nel tempo e se, per esempio, vi sono attività marketing che sono state declinate in ambito social media.
E’ pur vero che analizzando molti processi si può spesso scoprire che esiste la possibilità di acquisire nuove tipologie di dati e creare una solida base di conoscenza estesa per rendere più efficienti le proprie operation e servizi. Quanto poi questi processi siano letteralmente ascrivibili alla definizione del Big Data ha poca importanza.
La domanda cui si deve rispondere è: "Quali dati sono disponibili nel mio ecosistema? Quali potrebbero essere utili per migliorare il servizio offerto?". La tecnologia per gestire dati eterogenei così come analizzare volumi in tempi più rapidi esiste. La complessità maggiore sta nel definire e comprendere quali sono i dati e le informazioni che possono essere utili acquisire. Il problema è innanzitutto legato alla capacità di porsi delle domande.
Nuovi strumenti per l’analisi dei dati possono essere introdotti in azienda soltanto sviluppando una comprensione dei processi di business delle singole organizzazioni e, soprattutto, disponendo di una chiara visione dei singoli settori di industry. E’ da questo presupposto che possono scaturire miglioramenti e vantaggi competitivi. Per molte aziende significa superare un modus operandi che si affida a quella che gli americani chiamano HIPPO, the highest paid person’s opinion, ovvero decisioni basate sull’opinione della persona più pagata in azienda. Occorre invece essere disponibili a far sì che il proprio business sia sempre più correlato alla informazioni che possono essere rivelate dalla moltitudine di dati che possono essere acquisiti da sorgenti diverse.
Forse varrebbe la pena lasciar perdere il termine Big Data e rimanere ancorati al tema dell’analisi dei dati. Qualsiasi organizzazione che abbia l’obiettivo di migliorare sé stessa non può prescindere dalla creazione di  una conoscenza “scientifica” delle proprie attività. Ma non si devono creare illusioni: non è che il Big Data sia una scienza perfetta attraverso la quale soddisfare qualsiasi domanda di analisi dei dati. In ultima istanza per creare un percorso virtuoso, che abbia l’obiettivo di creare un vantaggio competitivo, servono innanzitutto competenze, relative all’analisi, e quindi matematico-statistiche, così come conoscenza del settore di appartenenza.

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