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Google Next, il profilo business di Big G

L'evento milanese Cloud Next evidenzia la costante ricerca della digital company nella messa a punto di un ecosistema globale e digitale per le imprese

Cloud
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Infosfera Google, un ecosistema che coinvolge quotidianamente oltre un miliardo di persone, composto sia da strumenti di sviluppo avanzati, sia da applicazioni per l’utente finale come Gmail, Documenti, Calendar, Maps, Hangouts, Youtube e molto altro. Un mix di tecnologie as as service che vanno a comporre l’ormai celebre G Suite, utilizzata da oltre tre milioni di aziende paganti.

I numeri sono stati snocciolati da Sebastian Marotte, vice president Emea Google Cloud durante l’evento milanese Google Cloud Next, con oltre mille partecipanti fra dirigenti, manager, decision maker It, sviluppatori, partner e ingegneri della società. I pilastri su cui si basa la vision del colosso statunitense, ormai solidamente fra i tre principali provider di cloud pubblico al mondo (gli altri due sono Amazon Web Services e Microsoft, con Azure), sono quattro: sicurezza, intelligenza, collaborazione e open source.

Secondo Gabriele Carzaniga, Emea specialist engineering team manager dell’azienda, “utilizzare la Cloud Platform significa accedere allo stesso layer di sicurezza utilizzato da Google per le proprie applicazioni interne, caratterizzato da un approccio multilivello che va dall’hardware (fondamentali in questo ambito i chip proprietari Titan, ndr) al software, passando per la trasmissione sicura dei dati con avanzate tecniche di data loss prevention”.

Algoritmi oggi più che mai sostenuti dall’intelligenza artificiale, sposando così quell’ottica “Ai first” già decantata dal Ceo di Big G, Sundar Pichai. Non è un caso che, citando ancora la data loss prevention, l’Api utilizzata dal colosso statunitense consenta di contestualizzare le informazioni grazie al machine learning, applicando di conseguenza le policy più adatte. L’interfaccia, nata per Gmail ed estesa poi anche agli altri prodotti, è uno dei tanti elementi della galassia open source di Google.  

Dopo la collaboration, declinata soprattutto nel ricco parterre di applicazioni business, il codice libero rappresenta il terzo pilastro per Google. Basti vedere quanto fatto con Tensorflow, la libreria per il machine learning che permette di allenare i sistemi e portare le macchine a compiere elaborazioni intelligenti impensabili finora: dal riconoscimento di persone e oggetti nelle fotografie, fino alla traduzione dei testi. Paolo Spreafico, cloud customer engineering lead - Benelux, Italy and Iberia di Google ha parlato di “democratizzazione dell’intelligenza artificiale”. Come? Creando un servizio gestito per l’esecuzione di algoritmi Tensorflow sfruttando la piattaforma cloud in fase di training. Si chiama Cloud Machine Learning Engine e consente di utilizzare le Cpu o le Gpu. On top si trova tutto l’insieme di Api per utilizzare direttamente algoritmi già allenati con l’enorme conoscenza a disposizione di Google: Vision Api (in un anno è stato parametrato oltre un miliardo e mezzo di immagini), Cloud Video Intelligence, Cloud Translate e così via. La carrellata dei prodotti non può escludere altri servizi gestiti come il recentissimo Cloud Spanner, che unisce il mondo Sql a quello NoSql: un database relazionale già utilizzato da cento applicazioni interne a Google (come Adwords) e disponibile per tutti i clienti dallo scorso maggio.

Fra le peculiarità della base di dati c’è la possibilità di modificare lo schema “a caldo”, senza causare downtime, recuperare i risultati di una query in pochi decimi di secondo e arrivare a gestire senza problemi centinaia di migliaia di transazioni al minuto, su tabelle composte da miliardi di record.   L’intelligenza artificiale fa proseliti Fra i principali partner tecnologici della Cloud Platform a livello mondiale spicca Accenture. La società di consulenza, che ha inaugurato da poco a Milano il proprio Customer Innovation Network (Acin), sta lavorando a diversi progetti per portare l’intelligenza artificiale in modo massiccio su diversi settori: dal retail al monitoraggio del traffico, senza sdegnare però proposte che possono arrivare potenzialmente da qualsiasi tipologia di mercato.

Si tratta di iniziative ancora in fase sperimentale, attraverso cui si riescono però a intravedere le potenzialità di queste tecnologie, sostenute da una macchina inarrestabile come quella messa in campo da Google. I sistemi allenati possono, ad esempio, essere utilizzati nei supermercati per monitorare i quantitativi dei prodotti a scaffale, oppure nei negozi di abbigliamento per proporre outfit tarati sui gusti dell’utente.  Una serie di soluzioni che andrà ovviamente affinata ed esplorata più a fondo, ma che già oggi è sostanzialmente in grado di affiancare l’occhio umano e di potenziarlo, fornendo consigli utili e in tempo reale all’operatore: sia che si tratti di un commesso, sia di un creativo, i sistemi intelligenti potranno sostenere il business delle aziende con il minimo sforzo. Sperando sempre che non vengano mai chiamati a rimpiazzare del tutto l’ingegno e la sensibilità delle persone.
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