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Più produttività meno lavoro?

L’automazione “smart” e l'intelligenzaq artificiale saranno un fattore chiave per aumentare la produttività e rimanere competitivi

Mercato e Lavoro
E' ampiamente diffusa l'idea che all'intensificarsi del livello di automazione il numero di occupati possa progressivamente diminuire. Robot, chatbot animate dall'intelligenza artificiale, soluzioni per l'automazione delle fabbriche affascinano e spaventano, arrivando a sembrare una minaccia per l'occupazione. Ma una nuova ricerca di Avanade smentisce almeno in parte alcuni di questi timori, o se non altro afferma la necessità che le aziende ricorrano all'automazione intelligente in tempi rapidi, pena il rischio di perdere terreno rispetto alla concorrenza.

Condotta da Wakefield Research su commissione di Avanade, l'indagine ha preso in considerazione 400 dirigenti C-level e altrettanti decisori It di aziende italiane, britanniche, tedesche, svedesi, statunitensi, canadesi, giapponesi e australiane, oltre a tremila consumatori finali residenti in Germania, Regno Unito e Usa, intervistati tra maggio e giugno di quest'anno. La sintesi è chiara: adottare l’automazione “smart” sarà un fattore chiave per aumentare la produttività e rimanere competitivi in un mondo che sempre più darà spazio all'intelligenza artificiale.

Ma che cosa si intende per “automazione intelligente”? La definizione è flessibile, ma ai fini dell'indagine è stata considerata come l'insieme di tutte quelle tecnologie in grado di imitare le modalità di apprendimento, il processo decisionale e le azioni umane, sfruttando gli algoritmi di machine learning, tecniche di analisi dei dati e servizi cognitivi. Alcuni esempi sono i chatbot, le applicazioni dotate di capacità di riconoscimento degli oggetti e della voce (come Siri, Cortana, Alexa e Google Assistant) e quelle in grado di comprendere il linguaggio naturale (come Google Translate, per citare la più nota).

Le risposte dei manager C-level e dei responsabili It intervistati hanno consentito di capire che oggi il 31% delle aziende già impiega almeno una di queste soluzioni, e che questa percentuale raddoppierà entro il 2020 (stando alle attuali intenzioni). Per l'86% dei 800 responsabili aziendali intervistati, inoltre, chi entro un massimo di cinque anni non coglierà questa occasione sarà destinato a perdere terreno rispetto ai propri concorrenti. Al contrario, chi saprà sfruttare l'automazione intelligente potrà ricavarne benefici di produttività (secondo il 50% degli intervistati), di più rapido time-to-market (45%) e di migliore allocazione delle risorse (43%), giacché i dipendenti potranno dedicarsi ad attività più complesse e attinenti all'innovazione, lasciando alle soluzioni “non umane” i compiti di routine. Nonostante la diffusa consapevolezza sull'opportunità di adottare l'automazione, è anche vero che permangono resistenze culturali (segnalate nel 79% delle aziende).

Fra gli utenti finali è prevalente un atteggiamento di timore: il 60% dei tremila intervistati in Germania, Regno Unito e Stati Uniti si è detto preoccupato che l'automazione intelligente possa sottrarre opportunità a chi cerca lavoro, più che crearne di nuove. “Nonostante i passi avanti fatti nel superare la contrapposizione tra uomo e macchina,  i lavoratori devono ancora convincersi”, ha commentato il Ceo di Avanade, Adam Warby. Una buona strategia atta a dissipare questi timori e a far sì che non si traducano in realtà è quella di avere una visione d'insieme e, per così dire, “dall'alto” del fenomeno, quel giusto distacco che consenta di valutare i pro e contro di un percorso di cambiamento. Allo stesso tempo, sottolinea Avanade, non si potrà fare a meno di coinvolgere nella discussione tutta la forza lavoro, anziché calare le future decisioni dall'alto.
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