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Hpe rende disponibile la prima appliance iperconvergente Simplivity

L'appliance mira a intercettare la crescente domanda di soluzioni software-defined ed è in diretta competizione con la tecnologia di Nutanix

Cloud
simplivity.jpgDisponibile Hpe SimpliVity 380, ovvero la prima infrastruttura iperconvergente frutto dell'acquisizione di Semplivity portata a termine da Hpe nel gennaio scorso per un valore di 650 milioni di dollari. L'appliance mira a intercettare la crescente domanda di soluzioni software-defined ed è in diretta competizione con la tecnologia di Nutanix, società quotata al Nasdaq dal settembre dell'anno scorso che vanta un fatturato di 445 milioni di dollari.

Già inseirta ufficialmente nel portfolio Hpe, la nuova appliance
integra al suo interno la piattaforma di data virtualization di SimpliVity, OmniStack, funzionante su qualsiasi hypervisor o server con architettura x86. È dunque adatta a gestire servizi di vario tipo su carichi di lavoro virtualizzati. Al suo interno sono incluse tecnologie di gestione, accelerazione, efficienza, deduplica e protezione dei dati, oltre a capacità di backup e disaster recovery. La componente fisica di questa nuova soluzione è invece costituita da un server Hpe ProLiant.

Tre le versioni proposte, indirizzate alle aziende di piccole, medie o grandi dimensioni. Per tutte sono previsti un formato 2U rack scalabile, una configurazione all-flash e processori Intel Broadwell (da 16 a 44 core), mentre la capacità di storage effettiva varia da 6 a 40 TB. A detta di Hpe, soluzioni come questa aiutano notevolmente a semplificare la gestione dell'It e a risparmiare sui costi di possesso infrastrutturali, potendo d'altra parte contare su maggiori prestazioni, efficienza e sicurezza delle attività che coinvolgono i dati.

Nella brochure di presentazione del prodotto non manca un confronto diretto con la concorrenza e con l'alternativa del cloud pubblico: eseguire delle macchine virtuali on premise, all'interno di infrastrutture iperconvergenti Hpe SimpliVity, risulta più conveniente (dal 22% al 49%, secondo studi indipendenti) rispetto all'allocazione di tali macchine virtuali su Amazon Web Services.
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