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Hybrid cloud, quale definizione?

IDC definisce le sei caratteristiche necessarie a un ambiente hybrid cloud perché possa essere definito come tale. Una guida pratica in collaborazione con IBM e un system integrator di eccellenza come Italware

Cloud

Secondo uno studio condotto da IDC a livello mondiale su un campione di oltre 1500 soggetti (IDC CloudView 2021), oltre l' 80% delle aziende avrebbe già adottato una strategia hybrid cloud per l’erogazione di servizi IT. Otto aziende su dieci nel mondo dichiarano quindi di operare già in un ambiente di cloud ibrido. Ma in che modo? IDC ha così scoperto che tra le aziende non esiste al momento molta consistenza nella definizione di cloud ibrido.

Ecco una guida pratica in collaborazione con IBM e un system integrator di eccellenza come Italware.

Per il 20% delle aziende mondiali, l’hybrid cloud equivale all’utilizzo congiunto di risorse cloud pubbliche e private per il medesimo workload. Per il 18%, questo utilizzo congiunto non è necessariamente limitato al medesimo workload. Per il 16%, cloud ibrido significa poter facilmente passare da un service provider all’altro. Ancora per il 18%, hybrid cloud è poter utilizzare una varietà di servizi cloud pubblici dello stesso service provider o di più service provider. Infine per il 22%, è poter usare una varietà di risorse cloud (per esempio computazionali e storage) dello stesso service provider o di più service provider. Il 6% non risponde o indica altri utilizzi.

Queste differenti sfumature di significato nell’utilizzo dell’hybrid cloud evidenziano secondo IDC una sensibile discrepanza a livello aziendale tra il grado di diffusione del cloud ibrido e il grado di maturità nel suo utilizzo. La maggior parte delle aziende che dichiarano di aver adottato una strategia hybrid cloud ha effettivamente sottoscritto contratti per servizi cloud pubblici e sta utilizzando un mix di risorse IT pubbliche e private, ma poche sono per esempio in grado di garantire la portabilità dei workload o il bursting in automatico.

cloud key

In base a queste risultanze, IDC ha quindi pensato di definire le sei caratteristiche necessarie a un ambiente hybrid cloud perché possa essere definito come tale:

  • La sottoscrizione a più servizi cloud esterni
  • L’utilizzo congiunto di servizi cloud pubblici e asset IT dedicati
  • Un’architettura IT in grado di unire la configurazione, l’approvvigionamento e la gestione delle risorse cloud
  • Il supporto di workload altamente portabili e del bursting automatico (il passaggio dell’esecuzione di un picco da una private cloud, o un data center interno, a una public cloud)
  • L’utilizzo di due o più workload in configurazione automatica
  • La gestione di tutte le risorse IT con lo stesso service catalog, gli stessi SLA ecc

Seconda la roadmap evolutiva disegnata da IDC, le aziende devono tendere verso soluzioni di cloud ibrido, integrando cloud pubblico e privato a livello applicativo, di dati e infrastrutturale, per giungere a un vero e proprio stadio “multicloud”, ove servizi e applicazioni cloud interne ed esterne possono essere configurati e integrati automaticamente con un approccio che potremmo definire best-of-breed.

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