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Intesa Sanpaolo, il dato è tratto

Come influisce l’utilizzo di tecnologie Big Data e Analytics nel processo decisionale bancario. Intervista a Valerio Cencig, Chief Data Officer del Gruppo

Trasformazione Digitale
La raccolta e analisi automatica dei dati sono la materia prima più preziosa di oggi e di domani. Dalla basilare conoscenza dei fatti, propria della business intelligence tradizionale, si passa alla comprensione del perché le cose accadono. Nascono così modelli capaci di ipotizzare i futuri comportamenti, da quelli dei consumatori a quelli dei mercati finanziari, e di formulare conseguenti proposte di valore. Come influisce l’utilizzo di tecnologie Big Data nel processo decisionale bancario? Quali sono i compiti del Chief Data Officer in relazione a Big Data e analytics? Quali sono gli step fondamentali nell’adozione di un programma Big Data? Lo abbiamo voluto scoprire intervistando Valerio Cencig, CDO di Intesa Sanpaolo.

intesa-sp-valerio-cencig.jpgIn quale modo è cambiato nel tempo il valore dei dati per un’organizzazione come Intesa Sanpaolo?
I dati hanno sempre rappresentato un asset importante per la Banca, ma la crescita recente dei volumi, della varietà e della velocità con cui si formano i dati, caratteristiche dell’era dei Big Data, hanno aperto l’opportunità di creare nuove forme di valore per i clienti e per la banca, sia in termini di business che in termini regolamentari e di processi interni. Come descritto anche in letteratura, i dati sono il nuovo petrolio del XXI secolo, una nuova asset class. 

Cosa significa per Intesa Sanpaolo perseguire l’obiettivo di diventare una data company?
Il modello di business attuale del sistema finanziario, almeno europeo (con eccezioni), è ancora fortemente organizzato intorno ai processi o prodotti. Diventare Data Company significa usare i dati come materia prima in tutti i processi decisionali e conoscitivi, modificando l’articolazione stessa dell’organizzazione e dei processi. Significa riconoscere il valore potenziale contenuto nei dati e farne un ingrediente fondamentale nel progettare prodotti, servizi e processi. 

Quali sono le responsabilità del CDO in questo percorso di trasformazione?
Il CDO, in questa fase, ha soprattutto il compito di sviluppare e diffondere una nuova visione dei dati, creando cultura, interesse, sensibilità all’interno dell’azienda. E’ un compito difficile, come sempre all’inizio di un grande cambiamento, ma determinante per creare le condizioni di una trasformazione. Occorrono pazienza, capacità relazionali e soprattutto investimenti in formazione e in generale attenzione ai processi di change management. Il nuovo approccio deve prevedere soprattutto il superamento del “modello a silos” informativo che ha caratterizzato il passato: i dati sempre più devono diventare una risorsa condivisa, passando dal concetto di Possesso a quello di Accesso (Data as a Service). 

La logica che sottende il Big Data rappresenta un momento  di discontinuità rispetto al passato o è soltanto una delle tante evoluzioni avvenute nella capacità di gestione del dato?
Anche se ogni cambiamento, sotto certi punti di vista, avviene sempre con una certa gradualità, i Big Data rappresentano oggi una importante discontinuità, perché oltre a una certa massa critica, i dati permettono non solo di capire più cose, ma di vedere i fenomeni in modo migliore, diverso, nuovo. Questo era impossibile fino a pochi anni fa, sia per la mancanza di dati che per l’assenza di una tecnologia in grado di gestirne i volumi e quindi, da questo punto di vista, i Big Data sono un fenomeno disruptive e discontinuo rispetto al passato. 

Quali sono le competenze complessive necessarie per definire un nuovo modello di valorizzazione del dato finalizzato a un miglioramento del processo decisionale?
Occorre anzitutto avere un approccio orientato al business, conoscere cioè il modello decisionale. E combinare tale qualità con una sufficiente conoscenza della tecnologia. Al riguardo è determinante la partnership della funzione Sistemi Informativi, necessaria per abilitare ed in alcuni casi enfatizzare le potenzialità dei dati. Le competenze sono multidisciplinari, perché il Data Office deve tornare a riunire competenze che negli ultimi anni si sono evolute in modo separato, privilegiando cioè la specializzazione, ma anche l’isolamento, rispetto ad una visione olistica ed interconnessa dei fenomeni..........

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