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Quanto si guadagna realmente con il cloud?

In un mercato estremamente competitivo, i fornitori usano talvolta stratagemmi per gonfiare il fatturato. Uno studio di Gartner evidenzia il problema.

Cloud
Non è facile vederci chiaro sul mercato estremamente competitivo delle soluzioni cloud. Visto l'interesse crescente degli operatori del settore, le società It cercano di far capire che già oggi sono in grado di realizzare importanti volumi d'affari in questo contesto. Senza contare che le offerte possono essere di natura molto diversa, fra cloud pubblico, tecnologie infrastrutturali indirizzate ai cloud privati oppure servizi gestiti e di integrazione.
Osservando il 2015, notiamo come Salesforce abbia dichiarato un fatturato di 6,7 miliardi di dollari, mentre Oracle ha guadagnato 2,1 miliardi con le proprie offerte IaaS, PaaS e SaaS. Ibm, dal proprio canto, ha indicato che le attività as-a-Service hanno prodotto entrate per 4,5 miliardi di dollari, mentre Microsoft ha ricavato dal cloud 9,4 miliardi di dollari. Per non parlare di Amazon, che lo scorso anno ha prodotto un fatturato di 7,9 miliardi di dollari.
Secondo Gartner, tuttavia, queste cifre non andrebbero prese per oro colato, poiché nasconderebbero realtà diverse. L'analista ritiene come il mercato sia oggi dominato da Amazon Web Services, mentre i vari concorrenti utilizzerebbero astuzie e stratagemmi per far apparire più significative del reale le cifre realizzate nel cloud.
Un recente rapporto prova a fare un po' di chiarezza. In termini di definizione, l'analista indica come il volume d'affari debba limitarsi alle pure offerte di cloud pubblico di tipo as-a-Service.Aws è dunque un fornitore puro, che però non fa suddivisioni specifiche tra i servizi offerti. Anche Salesforce lo è, con un volume d'affari che proviene essenzialmente da proposte SaaS e PaaS. Gartner ritiene che il 93% del fatturato generato possa essere originato da puri servizi cloud, mentre la parte rimanente deriva da managed services.
Qualche dubbio in più viene posto su Microsoft, che nel segmento Commercial Cloud raggruppa le offerte commerciali Office 365, Azure e Dynamics. Nel primo caso, secondo l'analista, è possibile che vengano incluse vendite realizzate su suite anche non utilizzate in cloud.
Ibm ha spiegato che il fatturato cloud comprende una sottocategoria per i servizi IaaS, PaaS e SaaS, ma anche Business process-as-a-Service, Data-as-a-Service e Analytics-as-a-Service. Questo segmento genera un valore due volte inferiore a quello della categoria principale. Gartner suppone che la quota di entrate cloud non compresa nella sottocategoria potrebbe riguardare servizi di integrazione, di cloud privato, di hosting e di outsourcing.
Piuttosto confusa appare la situazione di Google, visto che i risultati non permettono di capire quanto direttamente derivato dal cloud. Molto viene incluso in una vasta categoria identificata come “altre entrate”, di fatto tutte quelle non pubblicitarie. Secondo l'analista, i puri introiti cloud di Google sarebbero generati soprattutto dalla suite Apps for Work.
Per quanto riguarda il fatturato dichiarato da Oracle, Gartner osserva che effettivamente identifica un motore di crescita. Tuttavia, la casa di Larry Ellison ha un modo singolare di catalogare il termine IaaS, nel quale sarebbero inclusi anche l'hosting dedicato o la locazione di hardware on premise.
Sap sta puntando in modo particolare sulla natura ibrida della propria offerta, in particolare attraverso la soluzione S/4 Hana. Nei propri risultati finanziari, l'azienda tedesca riserva una linea distinta per quanto generato da abbonamenti e supporto cloud, ma la categoria viene integrata in quella più generica di “Cloud e software” e questo, secondo Gartner, lascia pensare che vengano qui inclusi anche i risultati ricavati da servizi non strettamente cloud.
Per quanto riguarda Hpe, l'analista rileva come le cifre dichiarate pubblicamente per il 2015 non consentano differenziare quanto generato dai servizi cloud rispetto alle componenti hardware preconfigurate, ai servizi professionali ed integrazione o ancora all’hosting dedicato.
Il fondatore del sito GigaOm, Om Malik, ha indirizzato una lettera aperta a tutti i leader del cloud per chiedere una maggior standardizzazione delle metriche di rilevazione dei risultati ottenuti, allo scopo di facilitarne il confronto e la scelta da parte degli utenti. Le cifre dovrebbero essere applicate sia alla crescita commerciale che al tasso di utilizzo e questo renderebbe necessario comunicare dati come la capacità di calcolo e di storage totale delle infrastrutture cloud, la parte utilizzata e la crescita per trimestre, il numero totale di sviluppatori che si servono della piattaforma cloud, il volume totale di dati in entrata e in uscita e il numero complessivo di applicazioni appartenenti alla piattaforma del costruttore.
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