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Le imprese culturali e creative producono 78,6 miliardi di valore aggiunto

Le imprese che nel periodo 2012/2014 hanno investito in creatività hanno visto crescere il proprio fatturato tra 2013 e 2014 del 3,2%.

Mercato e Lavoro
Le imprese delle filiere culturali e creative producono 78,6 miliardi di valore aggiunto e ‘attivano’ altri settori dell’economia arrivando a muovere complessivamente il 15,6% del valore aggiunto nazionale, equivalente a 227 miliardi di euro. Tanto vale nel 2014 il sistema produttivo culturale e creativo, un dato comprensivo del valore prodotto dalle filiere culturali e creative, ma anche da quella parte dell’economia nazionale che viene attivata dalla cultura, a cominciare dal turismo.
È quanto emerge dal Rapporto 2015 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere con la collaborazione e il sostegno dell’Assessorato alla Cultura della Regione Marche e di FriulAdria. L’unico studio in Italia che annualmente quantifica il peso della cultura e della creatività nell’economia nazionale.
Con risultati eloquenti: le filiere culturali e creative si confermano un pilastro del made in Italy, un sostegno importante alla nostra competitività o, per dirla in gergo calcistico, l’uomo in più messo in campo dalla squadra Italia per competere e vincere. Tanto che nel periodo 2012/2014, quindi in piena crisi, le imprese che hanno investito in creatività hanno visto crescere il proprio fatturato del 3,2%, mentre tra le non investitrici il fatturato è sceso dello 0,9%. E sempre le imprese che hanno investito in creatività sono state premiate con incremento dell’export del 4,3%, al contrario chi non ha puntato su questo asset ha visto le proprie esportazioni crescere di un ben più magro 0,6%.
La provincia di Arezzo si conferma al primo posto in Italia sia per valore aggiunto, che per occupati legati alle industrie culturali (rispettivamente 9,3% e 10,8% del totale dell’economia). Nella classifica provinciale per incidenza del valore aggiunto del sistema produttivo culturale e creativo sul totale dell’economia, seguono Pesaro Urbino e Vicenza, attestate rispettivamente sulla soglia dell’8 e del 7,8%, Pordenone al 7,7% e Treviso e Roma, entrambe al 7,6%. Quindi Macerata con il 7,4%, Milano al 7%, Pisa al 6,9%, Como idem.
Dal punto di vista dell’incidenza dell’occupazione del sistema produttivo culturale sul totale dell’economia, come anticipato, è sempre Arezzo la provincia con le migliori performance. Ma subito dopo troviamo Pesaro Urbino (9,3%), Vicenza e Treviso (entrambe al 9%), Pordenone (8,5%), Pisa e Macerata (entrambe con 8,3%). E poi ancora Firenze (8%), Como (7,8%) e Milano (7,6%).
Quanto alle macroaree geografiche, è il Centro a fare la parte del leone: qui cultura e creatività producono un valore aggiunto di 19,9 miliardi di euro, equivalenti al 6,3% del valore aggiunto totale dell’economia locale. Seguono da vicino il Nord-Ovest, che attraverso l’industria culturale crea ricchezza per oltre 28,2 miliardi di euro (il 5,8% della propria economia) e il Nord-Est, che sempre dal settore delle produzioni culturali e creative vede arrivare 17,6 miliardi (5,3%). Staccato il Mezzogiorno, che dalle industrie culturali produce valore aggiunto per 12,7 miliardi di euro (4%). La stessa dinamica si ritrova anche per l’incidenza dell’occupazione creata dalla cultura sul totale dell’economia.
Passando alle Regioni, in testa alla classifica per incidenza del valore aggiunto di cultura e creatività sul totale dell’economia, ci sono quattro realtà in cui il valore del comparto supera il 6%: Lazio (prima in classifica con il 7%), Marche (6,6%), Veneto (6,3%) e Lombardia (6,2%), quindi Piemonte e Friuli Venezia Giulia (entrambe a quota a quota 5,7%), quindi Toscana al 5,5%, Umbria al 4,8%, Basilicata al 4,6% e a seguire Trentino Alto Adige, Abruzzo e Campania attestate sul 4,5%. Considerando, invece, l’incidenza dell’occupazione delle industrie culturali sul totale dell’economia regionale la classifica subisce qualche variazione: le Marche sono in vetta a quota 7,2%, segue il Veneto a quota 7,1%, quindi Toscana e Lazio al 6,7%, poi Friuli Venezia Giulia e Lombardia entrambe al 6,5%, , Piemonte (6,1%), Valle d’Aosta (5,9%), Basilicata (5,7%).
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