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Unimpresa, 30% italiani pagheranno in ritardo Imu-Tasi

Il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi: "Viviamo in un Paese con un sistema tributario perverso, nel quale il principio della capacità contributiva, sancito nella nostra Costituzione, viene drammaticamente calpestato dallo Stato”.

Mercato e Lavoro
Con i conti correnti a secco, gli italiani aspettano di incassare la tredicesima per saldare il debito con il fisco: almeno il 30% dei contribuenti domani non rispetterà il termine per il versamento della seconda rata dell’Imu e della Tasi, ma attenderà di ricevere l’ultimo stipendio dell’anno pagando una manciata di interessi allo Stato e ai comuni.
E’ quanto emerge da una indagine del Centro studi di Unimpresa condotta attraverso la rate di centri di assistenza fiscale (Caf) sparsi su tutto il territorio nazionale che in questi giorni sono sommersi di richieste da parte delle famiglie sui pagamenti oltre la scadenza prevista per legge.
Secondo quanto emerso dalla rilevazione effettuata in questi ultimissimi giorni tra i Caf legati all’associazione, circa un italiano su tre potrebbe dunque scegliere di pagare in ritardo l’imposta municipale propria (seconde case, terreni agricoli) e la tassa sui servizi indivisibili (abitazioni principali).  L’attesa è legata all’incasso delle tredicesima che solo poche realtà, pubbliche e private, pagano con anticipo ai lavoratori dipendenti: nella maggior parte dei casi, l’ultimo stipendio dell’anno viene erogato insieme con lo stipendio del mese di dicembre, dunque tra il 27 del mese e i primi giorni di quello successivo: e sarà proprio quello, secondo la rilevazione di Unimpresa, il periodo che verrà scelto per archiviare la pratica Imu-Tasi.
“Quello che abbiamo rilevato – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – conferma che viviamo in un Paese con un sistema tributario perverso, nel quale il principio della capacità contributiva, sancito nella nostra Costituzione, viene drammaticamente calpestato dallo Stato”.
Secondo Longobardi “se un contribuente deve pagare consapevolmente delle sanzioni, anche se lievi, per onorare gli impegni fiscali vuol dire che siamo alla frutta e che una svolta radicale, volta ad abbattere il peso delle tasse sulle famiglie e sulle imprese, è ormai ineludibile. E vuol dire pure che gli 80 euro messi in busta paga da maggio scorso con criteri discutibili sono i soliti pannicelli caldi di fronte ai quali bisogna dire, con fermezza, basta”.
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