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Cgia: senza spending rischio stangata da 29 miliardi

Bortolussi: “Se l’Esecutivo non riuscirà a tagliare la spesa pubblica a pagare il conto saranno ancora una volta gli italiani”.

Mercato e Lavoro
Se entro il 2018 il Governo non riuscirà a tagliare quasi 29 miliardi di euro di spesa pubblica, le famiglie italiane, tra aumenti dell’Iva e il ritocco all’insù delle accise sui carburanti, potrebbero subire un aggravio fiscale di oltre 1.100 euro
A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA, che ha messo in fila gli effetti delle clausole di salvaguardia che le leggi di Stabilità 2014 e 2015 hanno previsto per i prossimi anni. Uno scenario che verosimilmente potrebbe concretizzarsi, viste le difficoltà che tutti gli ultimi Esecutivi hanno incontrato nella riduzione delle uscite dello Stato. 
Le clausole di salvaguardia – ricorda il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi – sono una sorta di garanzia che il nostro Governo dà all’Unione europea. In altre parole, il nostro Paese si impegna a rispettare i vincoli di bilancio richiesti a Bruxelles attraverso il taglio della spesa pubblica. Diversamente, scattano automaticamente gli aumenti di imposta che garantiscono comunque i saldi di bilancio. Insomma, l’Esecutivo non è in grado di tagliare sprechi e sperperi? Nessun problema: a pagare il conto sono ancora una volta gli italiani che subiranno l’aumento dell’Iva e delle accise sui carburanti”. 
Dalla CGIA ricordano che per il 2016 il Governo Renzi dovrà razionalizzare la spesa per 16,8 miliardi di euro: l’importo di tale operazione salirà a 26,2 nel 2017 per toccare i 28,9 miliardi di euro nel 2018. Se questi risultati non saranno raggiunti, è previsto un aumento dell’aliquota Iva di 2 punti a partire dal 1° gennaio del 2016, sia per quella attualmente al 10 per cento sia per quella al 22 per cento. Dal 1° gennaio 2017 entrambe le aliquote subiranno un altro ritocco dell’1 per cento, mentre dal 1° gennaio 2018 aumenterà di un altro 0,5 per cento solo quella più elevata.
Alla fine del triennio 2016-2018, l’aliquota inferiore potrebbe arrivare al 13 per cento, mentre l’altra al 25,5 per cento. Analogamente, se non verranno raggiunti gli obiettivi in termine di riduzione della spesa, dal 1° gennaio 2018 scatterà un ulteriore aumento dell’accisa sui carburanti in misura tale da assicurare in quell’anno maggiori entrate nette per almeno 700 milioni di euro. 
Oltre a questo, fa sapere la CGIA, sono previste altre due clausole di salvaguardia subordinate all’autorizzazione da parte dell’UE di alcune norme di modifica sull’Iva che dovrebbero essere introdotte a partire dal 2015:

a) Il Governo, infatti, ha previsto che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate verso l’Amministrazione pubblica (Stato centrale, Enti pubblici territoriali, Camere di Commercio, Asl, etc.), siano fatturate senza Iva. L’imposta verrà versata all’Erario dall’Ente pubblico. Per poter applicare questa disposizione è necessaria l’autorizzazione dell’UE. Nel caso Bruxelles non dia l’ok, scatterà la clausola che prevede l’aumento dell’accisa dei carburanti in modo tale da assicurare maggiori entrate per 988 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018. 

b) Sempre dal 2015, l’Esecutivo guidato da Renzi ha previsto l’estensione del “reverse charge” al settore della grande distribuzione. In altre parole, i fornitori di questi ultimi fattureranno senza Iva: spetterà a supermercati e centri commerciali versarla all’Erario. Come nel caso precedente, se l’UE non darà l’ok subiremo un ulteriore aumento dell’accisa sui carburanti che dovrà garantire un gettito di 730 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018.
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