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Cloud, vedere l'IT dalla parte del business

Commenti e riflessioni sul cloud in Italia in occasione dell'evento organizzato da ImpresaCity

Cloud
Il cloud computing in Italia? E’ più diffuso di quanto si potrebbe pensare. Questo, almeno, è ciò che emerge dall’evento di ImpresaCity dedicato al Cloud, giornata nel corso della quale si sono confrontati personaggi del mondo dell’offerta e della domanda. Da una parte Claudio Umana, IT director di Fracarro Radioindustrie, e Salvo Rosa, responsabile sistemi informativi del Gruppo Sielte; dall’altra Mauro Pino, direttore generale di DiGi International, system integrator e partner di Huawei. Roberto D’angelo, Product Marketing Manager di Office 365 e Mattia Gandolfi, Senior Solution Architect per la Platform & Cloud Business Unit di Red Hat.

Alfredo Gatti, Managing Partner di NextValue, ha offerto uno spaccato del mercato italiano, delineando uno scenario più che incoraggiante. Il cloud in Italia – dice Gatti - è ormai decollato e viaggia con crescite costanti a doppia cifra anno su anno andando oggi a rappresentare circa il 7% della spesa IT per un valore complessivo che si avvicina ai 2 miliardi di euro. Una stima ottimistica rispetto alla statistica offerta da altre società e osservatori di ricerca, ma che Gatti giudica realistica. Questione di numeri, ma per tutti è chiara la presenza di una tendenza di fondo: il cloud è parte integrante del palinsesto della domanda informatica, con percentuali di adozione molto frammentate e diversificate, certo, ma diffuse.

Al di là di quell’esiguo numero di aziende che ha già investito in modo consistente nel nuovo paradigma di servizio, in qualsiasi ambiente di lavoro esiste un qualcosa che viene utilizzato as a service, sia esso riferibile alla componente software, di infrastruttura o di piattaforma. Come dire, il profumo del cloud, più intenso, meno intenso, lo si sente un po’ ovunque. Può provenire dal fronte dell’office o della collaboration, vedi Exchange, Sharepoint e Lync Microsoft, piuttosto che dall’articolato sistema Google, o da succedanei nati sull’onda del fenomeno della consumerizzazione, vedi Drop Box o analoghi servizi di condivisione documenti. O, ancora, come software as a service, in risposta a esigenze di operatività marketing e gestione forza vendita. Può essere un applicazione HR, può essere il servizio associato al Big Data, può essere l’infrastruttura e il software dedicato alla mobilità, quest’ultimo uno dei catalizzatori e acceleratori dell’adozione del cloud. Può essere, un domani, l’internet delle cose. Ciò che di nuovo entra in azienda diventa un possibile candidato al cloud. E quest'ultimo entra in azienda declinato nelle più eterogenee delle forme possibili – pubblico, privato, ibrido -  a soddisfazione di molteplici esigenze.

Si d’accordo, ma il core business? Le aziende italiane ritengono il cloud un valido alleato per supportare le applicazioni critiche aziendali e i processi di un’organizzazione? Non vi è una risposta univoca. Si può affermare che per la maggior parte delle aziende al momento non lo sia e forse, per molte, non lo sarà mai. Vi saranno realtà che valuteranno positivamente una migrazione di applicazioni business critical, ma ciò che deve essere chiaro, o quanto meno questa è la sensazione che emerge dall’incontro di Impresa City, è che il processo di trasformazione e aggiornamento dell’esistente è una e una sola delle  possibilità che può essere associata al cloud, che invece vanno ricercate e individuate soprattutto nelle iniziative a corollario dell’esistente. Il cloud è sì, in particolare in un’ottica di lungo periodo, un candidato alla successione di applicazioni legacy, ma in primo luogo costituisce il presupposto per il varo di nuove iniziative.

Non tanto cloud come makeup di applicazioni esistenti, quanto piuttosto leva di innovazione di prodotto, e di cultura. A questo proposito, come giustamente osserva Alfredo Gatti, basti pensare cosa significa per le aziende intraprendere iniziative di e-commerce. Semplificando, potremmo dire che “Dove esiste economia digitale, esistono i presupposti per un’operatività in cloud”. Un’opportunità, come osserva Gatti, irrinunciabile per la trasformazione della Pubblica Amministrazione in quanto offre centralizzazione e una conseguente efficienza di governance  così come vantaggi sotto il profilo di economia di scala e distribuzione dei servizi.

Claudio Umana, CIO del Gruppo Fracarro, è dell’opinione che il cloud obblighi a pensare l'IT in modo diverso dal passato, non è, e qui mi sembra una bella affermazione, una riscrittura delle vecchie modalità attraverso infrastrutture a più basso costo. E’ piuttosto un nuovo modo di porsi nei confronti dell’informatica, che ribalta la logica tradizionalmente espressa dalle organizzazioni IT. Umana è un entusiasta del cloud, e in Italia lo si può considerare un pioniere, visto che è ormai dal 2009, quando ancora il cloud faceva paura alla gran parte delle aziende, che ha iniziato a contaminare il DNA informativo di Fracarro con soluzioni as a service. Un esempio che, pur nella sua diversità, si avvicina, per profondità e utilizzo intensivo del cloud, all’esperienza di Salvo Rosa, responsabile sistemi informativi di Gruppo Sielte, che in occasione di una riorganizzazione interna, dovuta a cambiamenti societari, nel 2010, identificò nel cloud una possibile risorsa strategica. Riflessione che portarono alla creazione di un data center, inizialmente pensato per soddisfare esigenze interne al Gruppo, oggi diventato l’hub per la distribuzione Software as a Service di una soluzione Nav Dynamics in partnership con MHT. Due esempi, quello di Fracarro e di Sielte, che dimostrano come cloud e data center possano costituire la  premessa per creare nuovo business e non solo per ridisegnare e reingegnerizzare la tecnologia attraverso un processo di trasformazione dell’esistente.

System integrator e fornitori vivono il cloud come parte integrante del proprio business. Mauro Pino di DI.GI International, così come Roberto D’angelo di Microsoft e Mattia Gandolfi di Red Hat, pur interpretando ruoli diversi, ravvedono nelle organizzazioni un interesse sempre più spinto nei confronti della possibile innovazione di cui è portatore il cloud. Quest’ultimo viene valutato in modo molto pragmatico dalle aziende. Non è un caso il successo di Office 365 poiché, come dice D’Angelo, risponde in modo chiaro alla domanda di chi oggi lavora in mobilità utilizzando i più diversi dispositivi, interpretando la logica di servizio, anywhere, anytime from any device. E cresce l’importanza di riferimenti open source che possano contribuire alla creazione di infrastrutture attraverso la messa a punto di building blocks tecnologici a supporto dell’IT a s service. Il percorso, dice Mattia Gandolfi, è ormai tracciato, Si tratta “solo” di aprire i cantieri e iniziare a lavorare per creare una nuova informatica. Come dice Umana, il cloud come occasione per trasformare il business e dare all’IT una chance per essere protagonista dell’innovazione.

A questa pagina potete trovare la registrazione dell'evento e le videointerviste dei relatori
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