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Internet of Things, lunga vita al Big Data

La gestione dei dati si profila essere il nodo tecnologico comune a molte delle evoluzioni che si stanno per compiere con l'affermazione dell'Internet of Things

Trasformazione Digitale
Il 2013 è stato l’anno del Big Data. Ma solo da un punto di vista mediatico. Pagine e pagine di giornali, notizie e analisi su web, il mercato è stato letteralmente inondato da un mass marketing i cui obiettivi sono, come spesso accade, intesi a favorire una nuova dimensione di business. Con questo non voglio dire che il Big Data non abbia una sua legittimazione, tutt’altro. In questi anni si sono messe a punto tecnologie che hanno permesso di superare i limiti dell’analisi dati tradizionale e si sono poste le condizioni per gestire volumi di dati eterogenei con capacità elaborative maggiori delle precedenti.
Operare in Big Data, inteso come esercizio nel trattamento di grandi, grandissime quantità di dati, non è una novità. Non lo è innanzitutto per tutte quelle organizzazioni la cui peculiarità consiste, proprio per la natura stessa del business in cui operano, nel gestire volumi di dati che sono generalmente di un ordine di grandezza esponenzialmente più grande di quello mediamente riscontrabile a livello enterprise. Parliamo di istituzioni governative, di operatori di telecomunicazioni e finanziari, di ricerca scientifica, di tutto quanto attiene specifici settori di che per definizione gestiscono impressionanti quantità di dati e informazioni. Tutti settori che potranno beneficiare dalla disponibilità di nuove tecnologie, più efficienti e performanti.
Il problema sta nel traslare questo fenomeno in una logica implementazione a livello di mercato tradizionale, quello fatto da aziende ai più diversi settori di industry, dove le esigenze pur presentando un denominatore comune in termini di processo analitico, sollevano esigenze del tutto originali.Le famose tre V del Big Data, velocità, varietà, volume possono essere declinate in modo differenziato. Per alcune organizzazioni, la priorità può consistere nel privilegiare un aspetto di performance che tocca sola una e soltanto di quelle tre V.
Far credere che per il solo fatto che esista una dimensione fantastiliardica di dati e che questa di per sé costituisca un’opportunità per trasformare il proprio business e renderlo più profittevole è solo fantasia. I dati sono quelli che servono per operare in modo efficiente e, nella migliore delle ipotesi, essere più competitivi. La cosa più difficile da compiere è individuare i dati utili da quelli inutili. Il marketing ha sicuramente interesse nel sondare la possibilità di estrarre dai social network informazioni utili alla creazione di nuovi servizi e prodotti, ma è altrettanto legittimo chiedersi quanto effettivamente questa dimensione di analisi possa contribuire a produrre vera informazione.
Va da sé che il Big Data è un concetto correlato innanzitutto alla gestione dell’operatività in un contesto internet. Google, Yahoo! Facebook, Amazon e succedanei ne sono stati i primi sperimentatori. Più un’organizzazione è internet centrica più la questione del Big Data diventa consequenziale alla propria operatività. Diverso, molto diverso è portare il Big Data in tutte le sue molteplici sfaccettature all’interno di realtà di business tradizionale.Detto questo va notato che sebbene l’hype del Big Data sia andato decisamente attenuandosi si inizia a pontificare su un altro fenomeno, quello dell’Internet Of Things, o Internet of Everything, come da taluni viene citato.
Nonostante sia trainato o hypizzato dall’industria del networking e da parte di tutti coloro che operano nel mercato dell’interconessione e comunicazione, a livello di tecnologia di base o di servizi, l’IoT riporta alla ribalta il Big Data. Significa, in prospettiva, avere la possibilità di trattare quantità di dati sempre più consistenti provenienti da ambienti e oggetti i più diversi ed eterogenei. Lunga vita al Big Data, dunque, che si profila essere il nodo tecnologico comune a molte delle evoluzioni che si stanno per compiere nell’estensione della connettività che rende implicita l’IoT.
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