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Crisi, Unimpresa: famiglie non spendono e riserve aumentano di 38 miliardi (+4,6%)

Il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. "Oltre alla crisi le famiglie e le imprese temono pure altre stangate fiscali".

Mercato e Lavoro
Gli italiani non spendono più e lasciano in banca quasi 38 miliardi di euro in più in un solo anno. La recessione, i timori per nuovi scossoni della crisi finanziaria e per nuovi inasprimenti fiscali frenano i consumi e le uscite: a settembre 2013 sono arrivati a quota 852,8 miliardi di euro i salvadanai finanziari delle famiglie in aumento di 37,7 miliardi rispetto agli 815 miliardi di settembre 2012 con una crescita del 4,6%.
Lo rileva un’analisi del Centro studi Unimpresa che mette in evidenza, nell’arco di dodici mesi, un aumento complessivo delle riserve di imprese, famiglie e intermediari finanziari pari a 64,1 miliardi di euro (+4,5%).
Secondo lo studio Unimpresa, basato su dati della Banca d’Italia, la crescita dei depositi bancari riguarda tutti i comparti. Sono saliti, infatti, i depositi delle aziende (+4,4%) passando da 185,7 miliardi a 194 miliardi (+8,2 miliardi) e quelli delle imprese familiari, saliti da 43,8 miliardi a 44,5 miliardi (+1,6%) grazie a un “risparmio” di 715 milioni.
In aumento sono anche le riserve delle organizzazioni non lucrative senza fini di lucro: i depositi delle onlus sono risultati in crescita di 1,4 miliardi, saliti a 23,2 miliardi (+6,7%) dai 21,7 dell’anno precedente. Aumentano del 16% i depositi di assicurazioni e fondi pensione, passati da 18,2 miliardi a 22,5 miliardi (+4,3 miliardi).
Su anche i salvadanai delle banche: i loro depositi risultano in crescita del 12,6% da 333,4 miliardi a 346 miliardi (+12,6 miliardi); un ulteriore segnale della scarsa circolazione della liquidità che non viene immessa nel mercato del credito. Ma & egrave; quello delle famiglie il dato più rilevante: le riserve familiari risultano in crescita del 4,6% di ben 37,7 miliardi. A settembre 2012 i depositi erano a quota 815 miliardi e un anno più tardi sono schizzati a 852,8 miliardi. Complessivamente i depositi sono passati da 1.420,9 miliardi a 1.485,1 miliardi in aumenti di 64,1 miliardi (+4,5%).
Tra i risultati più rilevanti dell’analisi per strumento, i depositi vincolati a breve scadenza hanno registrato la crescita più alta tra settembre 2012 e settembre 2013: da 292,6 miliardi a 322,7 miliardi (+10,3%) con un amento di 30,1 miliardi. Per i pronti contro termine è stato rilevato un aumento di 5 miliardi da 139,7 miliardi a 144,8 miliardi (+3,6%). Lo stock di denaro lasciato nel conto corrente è salito di 20,3 miliardi da 706 miliardi a 726,4 miliardi (+2,9%).
“E’ evidente che gli italiani, in particolare le famiglie, subiscono pesantemente i contraccolpi della crisi e la stanno pagando soprattutto in termini di crollo della fiducia. Ed è proprio la paura di nuovi scossoni e l’incertezza sul futuro a frenare la spesa e quindi i consumi” osserva il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Ma le famiglie e le imprese temono pure altre stangate fiscali. Ancora non è chiaro qual è il destino della seconda rata Imu e una parte degli italiani, probabilmente, dovrà pagare il balzello sulla casa a dicembre”. Secondo il presidente di Unimpresa “serve un segnale forte e magari questo segnale deve arrivare proprio dallo stop all’Iva magari accompagnato dall’impegno a riportare l’aliquota al 20% al più presto. Come abbiamo già osservato, il giro di vite Iva ha già provocato un calo del gettito e la riduzione delle entrate potrebbe aumentare ancora . Allo Stato non conviene alzare troppo l’asticella del fisco”.
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