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Red Hat vede tutto open, anche lo storage

Nello stack infrastrutturale dello specialista dell’open source, al sistema operativo si affianca la soluzione Red Hat Storage, forte della comunità di sviluppo Gluster .

Cloud
Molti anni dopo lo sviluppo di Linux e delle sue distribuzioni nate per costruirci sopra del business, la storia pare ripetersi. Red Hat è la realtà che meglio ha saputo trasformare un prodotto nato per essere aperto in un ambiente enterprise infrastrutturale, sempre aperto nelle fondamenta, ma bisognoso di supporto, know-how e strumenti per garantire la continuità operativa nei data center. Così, dopo aver ottenuto un significativo spazio di mercato con il sistema operativo Rhel (Red Hat Enterprise Linux) e averci costruito sopra uno stack fatto di middleware, virtualizzazione e varie altre componenti di sistema, ora l’azienda parte all’attacco dello storage. Il terreno appare fertile, perché si sta progressivamente affermando il concetto di “software-defined”, in alternativa alle tradizionali soluzioni basate (anche) su hardware e, nella visione di Red Hat, limitate da uno sviluppo a silos.
red-hat-gerald-sternagl.jpgRed Hat Storage Server è stato lanciato qualche tempo fa e va a completare lo stack infrastrutturale dell’azienda con l’idea di offrire una risposta a chi già ora sta iniziando a confrontarsi concretamente con la gestione di una quantità crescente di dati, spesso non strutturati, per ricavarci informazioni utili a orientare meglio il proprio business. Gerard Sternagl, responsabile Emea proprio della business unit dedicata allo storage delinea uno scenario nel quale “le aziende non si possono permettere di veder aumentare il proprio budget in misura proporzionale alla crescita dei dati da gestire. Noi ci poniamo a livello infrastrutturale per far convergere, in prospettiva, applicazioni e storage, in una logica aperta e cloud-oriented, accessibile con ogni protocollo e applicabile tanto sulle risorse fisiche che su quelle virtuali”. In pratica, Red Hat Storage Server è un file system distribuito open source, che può scalare fino a diversi petabyte di capacità, gestire anche migliaia di client, unificare vari building block storage su Tcp/Ip, aggregare risorse disco e gestire dati in un singolo namespace globale.
Intorno al prodotto, si sta ora iniziando a costruire un ecosistema di collaborazioni e partnership commerciali. Per lo sviluppo, invece, com’era già accaduto con Fedora per Rhel, anche qui il vendor fa leva su una comunità già consolidata attorno a Gluster, una start-up acquisita nel tardo 2011, con l’intento di potenziare il fronte della convergenza fra applicazioni e storage, nella direzione del supporto alle esigenze analitiche e di load balancing che per diverse aziende rappresentano un elemento critico.
In Italia è naturalmente ancora presto per poter raccontare casi concreti di applicazione: “Siamo partiti da pochissimo – ammette Gianni Anguilletti, country manager di Red Hat – ma abbiamo già potuto riscontrare un certo interesse in realtà che operano, ad esempio, nel mondo finance o delle telecomunicazioni, per la gestione di dati non strutturati e non necessariamente mission-critical: per queste esigenze, non c'è bisogno di rivolgersi allo storage proprietario e come complemento si tende a pensare alle soluzioni software-defined, soprattutto perché meno costose”.
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