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Iva al 22%, Confesercenti: ci perde anche il fisco

Il presidente Venturi: “Possibile riduzione di 300 mln del gettito fiscale. Sterilizzare aumento, per coperture serve giro di vite su corruzione e sommerso”.

Mercato e Lavoro
L’aumento dell’aliquota Iva al 22% “sarà un danno per tutti: non solo frenerà ancora di più consumi e PIL, ma potrebbe avere conseguenze negative anche sullo stesso gettito fiscale, che invece di aumentare, come previsto, di 3 miliardi di euro, potrebbe diminuire di 300 milioni”. 
Il presidente di Confesercenti, Marco Venturi, nel suo intervento in occasione dell’assemblea elettiva di Confesercenti Toscana lancia un nuovo allarme sugli effetti del previsto aumento dell’IVA. 
“Le stime di incremento di gettito ufficiali – ha spiegato Venturi – sono costruite a parità di beni venduti. Ma tra le voci interessate dall’aliquota, ce ne sono alcune che anche a prezzi hanno registrato e stanno registrando forti cali di vendita, intorno al 10%. L’ulteriore aumento della tassazione su questi beni, causerebbe un ulteriore riduzione delle vendite e – di conseguenza – del gettito fiscale generato. Sarebbe l’ennesimo passo falso: l’interesse generale dovrebbe spingere, come chiediamo con forza da tempo, a riportare l’aliquota IVA al 20%. 
I soldi si trovino altrove: tagliando le spese come si può e si deve: sono 15 anni che Confesercenti conduce una tenace battaglia per semplificare le rappresentanze istituzionali e ridurre gli enormi sprechi pubblici. Si vuole nel frattempo recuperare rapidamente dei soldi per accrescere le entrate? Lasciate perdere l’Iva e colpite con decisione la corruzione denunciata da tempo immemorabile dalla Corte dei Conti ed il fenomeno del sommerso che inquina, con la presenza della criminalità, l’economia e la convivenza civile. In questo modo daremmo maggior respiro ai conti pubblici e più forza al valore della legalità”. 
“I consumi delle famiglie italiane sono stati già tassati a sufficienza”, ha chiarito il Presidente della Confederazione. “Anche dall’inflazione: dal 2007 ad oggi, per effetto del rigonfiamento monetario dei redditi, il fisco ha incassato ingiustificatamente 10 miliardi di euro in più di imposte, provocando un’ulteriore riduzione dei consumi delle famiglie. E’ il fiscal drag, l’aumento di imposizione che avviene quando i contribuenti, per effetto della crescita nominale dei redditi avvenuta a causa dell’inflazione, si trovano a pagare maggiori imposte senza aver visto aumentare il reddito reale. 
“Nel nostro Paese il fenomeno ha portato a un’imposizione ‘invisibile’ di 10 miliardi – ha detto Venturi - circa 530 euro a nucleo familiare, che aggrava la già insostenibile pressione fiscale. Contro questo accanimento su imprese e famiglie, occorre ora un vero disegno di riordino complessivo del sistema impositivo che porti a una riduzione sensibile delle tasse: si deve stare molto attenti a non far salire ancora la rabbia dei piccoli imprenditori, che è già da tempo ai livelli di guardia”.
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