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Italia digitale, come creare nuova occupazione e sviluppo

Per il direttore dell'Agenzia la priorità è modernizzare l’infrastruttura rendendola coerente con le esigenze di sviluppo e creazione di posti di lavoro

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Agostino Ragosa è il direttore dell'Agenzia per l'Italia Digitale, iniziativa che si è concretizzata nel corso del Governo Monti contestualmente all’approvazione del decreto sviluppo. Obiettivo e mandato dell’Agenzia consistono nell’attuazione di quanto previsto dall’agenda digitale europea. "In buona sostanza, dice Ragosa, intervenuto a Milano nel corso di un convegno Gartner, l’Agenzia deve saper sostenere l’utilizzo delle tecnologie ICT, sia nella pubblica amministrazione sia a livello di sistema paese. L’idea fondante, fatta propria da alcuni ministri del passato governo, e spero anche di questo, è che le tecnologie costituiscano la chiave di volta per lo sviluppo".

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Qual è l’orizzonte su cui si sta muovendo l’Agenzia? Il direttore ritiene che la struttura debba innanzitutto puntare a razionalizzare l’intero sistema informativo nazionale, oggi estremamente frammentato. “E’ la premessa per potere fornire nel tempo innovazione di processo e di servizi. La PA eroga i suoi servizi da più di 4 mila punti, spende 10 miliardi di euro l’anno a mantenere il vecchio e ha difficoltà a spostarsi sul nuovo. Occorre mettere ordine partendo da una razionalizzazione delle risorse e realizzare una sana interoperabilità. Occorre modernizzare l’infrastruttura pubblica rendendola coerente con le esigenze del Paese”.
Per Ragosa significa agire su tre elementi: architettura di rete, centralizzazione delle risorse e dei dati, attraverso data center dedicati (vedi articolo), implementazione di regole e policy di sicurezza. “Siamo all’ultimo posto in Europa per quanto riguarda l’utilizzo di servizi e-gov. I cittadini e le imprese hanno difficoltà a capire qual è il catalogo dei servizi erogati, quali sono i punti di accesso prioritari". 
Perché versiamo in questa condizione, si chiede Ragosa. Il motivo non è tanto perché nel passato non siano stati spesi soldi. E’ mancata, piuttosto, una visione sistemica. Si sono sviluppate soluzioni che si sono andate stratificando deprimendo il valore dell’interoperabilità. Si dovrebbe cambiare registro e passare da una logica di spesa a una logica di investimento, avendo ben chiari gli obiettivi e le sfide da vincere. "Le infrastrutture sono in uno stato di obsolescenza, occorre partire da questa consapevolezza per poter procedere a una vera innovazione di servizio e di processo".

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L’ICT è premessa essenziale per lo sviluppo, ribadisce Ragosa, è necessaria per potere immaginare una politica industriale, per la creazione di posti di lavoro. La razionalizzazione delle risorse e la consistenza e condivisione dei dati è un’occasione di generazione di valore. Occorre passare da spesa a investimento, - continua Ragosa - così come sta accadendo negli Stati Uniti dove, attraverso azioni mirate, si pensa di creare nel giro di un quinquennio 5 punti di PIL e un milione di posti di lavoro. Si deve passare dal particolare al generale, sapere che l’investimento pubblico deve essere ispirato alla creazione  di valore su base nazionale. La Pa deve diventare motore in grado di generare valore, non deve essere un centro di costo. “Attualmente la spesa IT è una spesa corrente che va ad aumentare ogni anno il debito pubblico. Occorre spezzare questa logica perversa e procedere affinché l’investimento ICT non sia soltanto un peso che grava sulla finanza del Paese”.
Esiste un problema di qualificazione della domanda, ma esiste anche un problema di qualificazione dell’offerta, avverte Ragosa. Ciascuno, fornitori da una parte, imprese dall’altra, viaggia in una propria direzione senza che vi sia una sintesi tra le due dimensioni. Si devono avere capacità progettuali. Capacità che devono essere ancora pienamente metabolizzate sia dalle organizzazioni IT, sia dai fornitori. "Vendere tecnologia ha poco senso se non si ha la capacità di contestualizzare l’IT in una visione progettuale. Se non si lavora insieme si rischia di perdere una grande occasione".
A questo proposito Ragosa sottolinea una delle debolezze dell’Italia: l’assenza di centri di ricerca e di sviluppo e invita le multinazionali a ragionare in questa prospettiva. “Senza centri di ricerca e sviluppo non può esistere innovazione di processo e di servizio, non si crea nuova occupazione. Le multinazionali possono vendere loro prodotti e loro tecnologia, ma è un esercizio sterile se non viene accompagnato dalla capacità di interagire con la PA e le imprese nel loro complesso per creare innovazione, ovvero trasformare processi per rendere più efficiente il proprio business. Significa, da parte dei fornitori, essere capaci di sviluppare una domanda contestualizzata”.
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