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Oracle, il boom dei Big Data dà impulso all'evoluzione dei data center

I risultati della seconda edizione del Next Generation Datacenter Index condotta da Quocirca evidenziano una volontà delle aziende di fare evolvere i propri data center verso un modello innovativo che impatta sul cloud computing. La gestione dei grandi dati tra i principali driver del fenomeno.

Tecnologie
A nove mesi dalla prima edizione, la società di ricerche Quocirca, su richiesta di Oracle, torna a fotografare lo stato dell'arte dei data center con la seconda edizione dell'Oracle Data Center Index. Lo fa partendo da un campione più o meno congruo al precedente - stesso numero di aziende, stessi mercati verticali e parametri di valutazione. Cambia invece, in meglio, il risultato dell'indice, a testimonianza del fatto che è in atto un processo di trasformazione dei data center in ottica evolutiva verso architetture semplificate e consolidate che, a tendere, traguarda il cloud computing.
E i motivi che spingono le aziende a trasformare i propri data center non sono più ascrivibili solo a un'esigenza di risparmio di costi ma anche alla necessità di tenere il passo e gestire al meglio l'esplosione del fenomeno "Big Data", su cui le aziende sono ancora impreparate. Inquadra meglio il fenomeno, descrivendo le principali evidenze della ricerca, Sergio Esposito,  Country Leader, Systems Business Unit, Oracle Italia.             
oracle-il-boom-dei-big-data-da-impluso-all-evoluzi-1.jpgQuocirca ha intervistato 949 Cio e senior IT di aziende medie (fatturato che supera i 100 milioni di dollari) e grandi (oltre 1 miliardo di dollari) in 10 paesi dell'area Emea (gli Usa sono usciti dalla ricerca e hanno lasciato il posto a Russia e Irlanda). L'indice individuato (si basa su un punteggio che va da 1 a 10, dove 10 sta a indicare la strategia per data center più sofistica possibile) prende in esame tre macro fattori: flessibilità, sostenibilità ambientale e supporto al business.
La prima buona notizia è che l'indice medio rilevato è cresciuto in soli nove mesi passando dal 5,22% della prima rilevazione al 5,58% della seconda. In testa alla classifica si posizionano i Paesi Nordics con un indice del 6,51% mentre la Russia è il fanalino di coda (4,62%). L'indice italiano migliora in linea con la media generale passando dal 4,5% al 4,81%, pur lasciando l'Italia in fondo alla classica – solo prima di Irlanda e Russia – a testimonianza del fatto che il paese procede a rilento nel far propria l'innovazione tecnologicaTra i settori mercelogici telco e utilities ottengono l'indice superiore mentre crescono poco finance e settore pubblico.
Rispetto alla prima indagine si è registrato un punteggio più alto per tutti i Paesi, i settori e i sotto-indici presi in esame, a indicare che le aziende stanno incrementando focalizzazione e investimenti a favore delle strategie relative al data center. Sono aumentate le aziende che intendono rinnovare il proprio data center entro il prossimo biennio, facilities inadeguate e il consolidamento determinano il cambiamento mentre il processo di virtualizzazione, pur crescendo, è ancora lontano da livelli accettabili. E' aumentata la sensibilità delle aziende nei confronti della sostenibilità ambientale, facendo un passo avanti rispetto all'indagine passata ed entrando nelle agende delle aziende così come sono cresciuti la conoscenza e l'orientamento verso il Cloud Computing, mentre ancora lontano appare l'allineamento tra IT e business. "E' una fotografia aderente ai fenomeni che rileviamo tutti i giorni sul campo. Le aziende, rispetto al recente passato, stanno maturando un differente atteggiamento nei confronti dell'innovazione tecnologica, pur procedendo ancora  a rilento", afferma Esposito.
E il principale driver che spinge le aziende a trasformare i propri data center è rappresentato dal boom del "Big Data", generato da fenomeni quali il crescente  utilizzo di device mobili come front end primario, home entertainment on demand, servizi infrastrutturali e applicazioni hosted e anche l'evento del 4G.
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E' questo un fenomento dirompente: entro il 2010 i device connessi aumenteranno da  9 a 24 miliardi, i device mobili passeranno da 2 a 9 miliardi e i nuovi dati creati disponibili sulla rete da  4 a 42 exabyte, così come l'e-comerce raddoppierà, crescendo del 90% entro il 2014. "Il fenomeno dei Big Data ci sta arrivando adosso in tutta la sua prepotenza, e dietro di esso ci sono i data center. Le aziende devono attrezzarsi per tenere il passo di questa esplosione dei dati per non venirne sopraffatti", dichiara Esposito. 

[tit:Lo spaccato italiano]
Come visto l'Italia, in ottava posizione su 10 (100 i Cio intervistati), non si distingue in termini di apertura al cambiamento tecnologico e celerità nell'implementare le nuove tecnologie; tuttavia anche nel Belpaese cresce la consapevolezza della necessità di nuove strutture dedicate al data center.
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L'esigenza di investire in nuove strutture nel prossimo anno è aumentata dal 27% al 34%, mentre è scesa dal 11% al 2% la percentuale di coloro che affermano di non necessitare di nuove strutture nel futuro prossimo. Si assiste alla tendenza di molte aziende a portare il data center in outsourcing. Le aziende dotate di data center esclusivamente interni è scesa dal 60% al 44% mentre le aziende che si avvalgono di date center esterni sono aumentate dal 40% al 56%. "I clienti tendono a non voler gestire i data cener  in house, ma a portare una serie di attività all'esterno, spinti anche dall'esplosione di dati che sta diventando un grosso probema da gestire. Si tende a esternalizzare servizi non critici per ottimizzare costi. E il vincolo della sicurezza, che fino a ieri frenava il processo di esternalizzazione, sembra essere superato."
In termini di flessibilità emerge che l'80% delle aziende vorrebbe fare evolvere il proprio date center nei prossimi due anni. Si registra inoltre un'esigenza a mantenere le risorse in linea il più tempo possibile e, in generale, il trend della semplificazione delle strutture sta avvendo in maniera massiccia. "Tutti stanno cercando di standardizzare e omogenizzare le applicazioni. Si è ridotto il numero di sistemi operativi e di application server".
Pur essendo ancora indietro l'attività di system management è forte l'orientamento verso un 'singolg vendor approch' . La virtualizzazione del server fa passi avanti – è questo è un buon segno - ma il livello rimane ancora basso.
Le ragioni per cui si investe in nuovi data center ancora una volta sono relative alla necessità di consolidare e semplificare, ma spuntano anche l'inadeguatezza e l'arretratezza delle facility e dei data center stessi che devono necessariamente essere svecchiati per far fronte ai fenomeni emergenti.
La maggiore sensibilità al tema della sostenibilità ambientale anche in Italia è un trend positivo confermato dai fatti. Il 15% del campione sta formalizzando il processo di sostenibilità; ci sono sempre più statement verso questo tema anche se l'ottimizzazione è ancora lontana.
L'elemento che stona maggiormente è il mancato allineamento tra IT e business. "Sembra che all'interno delle aziende siano due mondi separati; non si riesce a trovare coinvolgimento dell'IT nella logica di business del cliente. L'IT è ancora percepito come un costo e non come investimento", enfatizza Esposito.
Significativi passi avanti  sono stati invece fatti invece stati sul Cloud Computing. Oggi c'è molta più chiarezza sull'argomento, sembra più che digerito, e aumenta la considerazione sulle potenzialità del nuovo paradigma. Non c'è quasi nessuna azienda che non consideri il cloud come fondamentale per il proprio futuro. E la sicurezza non è più vista come principale barriera. Infine, si registra un atteggiamento di scetticismo nei confronti del private cloud – soprattutto per i costi interni - e una maggiore propensione verso il public cloud che permette di esternalizzare servizi in modo veloce, porta risparmi più immediati, e sicurezza garantita.
La 'next generation data center', però, è  ancora lontana.
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