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Ibm, i nuovi server x86 liberano la memoria

La nuova generazione disaccoppia la gestione delle CPU da quella dei moduli DIMM superando il collo di bottiglia accentuato dalla virtualizzazione

Tecnologie
Secondo Idc il mercato dei server x86 rappresenta oltre la metà della domanda attualmente presente sul mercato. Un settore dominato da standard, dove presidio e innovazione costante sono quindi fattori cruciali. In un periodo di budget ridotti al limite inoltre, ancora più importante diventa la capacità di distinguersi: "Per il 2010 intendiamo porre un'attenzione esasperata alle richieste dei clienti, con l'integrazione di tutte le linee di prodotto per un'offerta più completa – afferma Ornella Bricchi, System x Brand Leader di IBM -. Per esempio, la virtualizzazione oggi è un'esigenza sentita da tutte le aziende, ma con tante sfaccettature a seconda della dimensione e del tipo di attività". Anche l'offerta di conseguenza deve essere in grado di seguire queste sfumature. Per mantenere competitività inoltre, è indispensabile offrire l'adeguata versatilità attraverso sistemi flessibili e scalabili.

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La risposta Ibm passa per un'importante evoluzione nella linea x86, i nuovi sistemi eX5, affrontando la questione da un punto di vista nuovo e mirato espressamente alla virtualizzazione: "Nel mondo x86 per anni il collo di bottiglia è stato il processore – spiega Massimo Chiriatti, System x Technical Sales Manager di IBM -, fino a quando Intel e AMD hanno introdotto l'architettura multicore. A quel punto il collo di bottiglia è diventata la memoria".
Una situazione portata all'estremo con la diffusione della virtualizzazione. Di conseguenza, i nuovi server sono stati concepiti per offrire una scalabilità come mai in precedenza sul fronte DIMM. "È importante  poter contare su più spazio per la RAM all'interno del singolo server – aggiunge Chiriatti -. In pratica, significa poter aumentare il numero e la dimensione delle macchine virtuali, con ripercussioni positive anche sui costi. Le licenze calcolate sul numero di core infatti restano invariate".

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In pratica, il sistema disaccoppia la CPU dalla memoria e dai canali di I/O, permettendo in questo modo di ottimizzare le linee di comunicazione. Secondo i calcoli effettuati da IBM, questo significa poter aumentare del 70% il numero di macchine virtuali fruibili e diminuire del 50% i costi per effetto delle licenze. Per gli ambiti più esigenti in termini di prestazioni inoltre, la possibilità di contare su sistemi di storage SSD, con una differenza ridotta, assicura Chiriatti, nel prezzo rispetto alle architetture SAS e SCSI e la possibilità in prospettiva di risparmiare in misura ben maggiore per effetto di minore ingombro, consumi e riduzione nei conduttori e cavi.

[tit:Tre configurazioni, gestite in modo trasparente dal S.O]
Le nuove configurazioni sono gestite in modo totalmente trasparente dai sistemi operativi installati sui server. Combinato alla possibilità di aggregare più unità blade, questo significa disporre di una serie di lame fisicamente separate ma gestibili come se si trattasse di una sola. Lo stesso ragionamento può inoltre essere applicato alla connettività, chiamata per effetto della virtualizzazione a trasferire sempre più spesso anche dati di archivio oltre che informazioni di comunicazione.
Tre le configurazioni di base disponibili: System x3850  X5, BladeCenter HX5 e System x3690 X5. A queste è possibile affiancare il modulo Max5 per l'espansione di memoria, eXflash per lo storage SSD e FlexNode per variare la capacità di calcolo in modo dinamico accoppiando o disaccoppiando macchine fisiche distinte. Più in dettaglio, per x3850 X5 e x3690 X5 è possibile contare sul 32 slot di memoria DIMM opzionali, mentre per l'HX5, la scheda prevede 24 slot.
"Il nostro obiettivo sarà sempre più aiutare il cliente a trovare la macchina giusta per le proprie esigenze – conclude Ornella Bricchi -. Non c'è una macchina per tutte le situazioni alla quale aggiungere dei pezzi, ma una configurazione flessibile e scalabile".
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