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Lentamente, il Byod entra nelle aziende italiane

Una ricerca di Ovum, realizzata per Dimension Data, rileva come nel 41% delle grandi imprese vengano supportati i dispositivi portatili degli utenti.

Trasformazione Digitale
I dispositivi mobili dei dipendenti stanno diventando parte integrante degli asset per l’accesso ai sistemi informativi aziendali. Lo dimostra uno studio commissionato a Ovum da Dimension Data e realizzato su un campione mondiale di oltre 2.700 fra decision maker e utenti di aziende sopra i 1.000 dipendenti (oltre 1.300 in totale). L’Italia, rappresentata da 49 imprese, sembra addirittura più avanti rispetto a molti altri paesi su questo fronte. Se, infatti, nel complesso il 46% delle imprese supporta solo device mobili approvati o forniti direttamente ai dipendenti e solo il 27% si estende anche a quelli di proprietà degli utenti, da noi la proporzione si inverte e nel 41% dei casi esiste già oggi il supporto Byod propriamente detto. A questo si aggiunge un altro 29% di realtà che intende attivarlo nei prossimi dodici mesi.
Dunque ci siamo? Il paradigma Byod è un dato di fatto e i Cio, volenti o meno, lo hanno recepito e lo stanno sfruttando? Non proprio. Esaminando, infatti, i dati relativi alle applicazioni utilizzate attraverso i dispositivi mobili, si scopre che ancora ben poco è autorizzato sui prodotti di proprietà degli utenti. Le applicazioni più diffuse, ovvero l’instant messaging, quelle consumer più note (Facebook, Skype, Twitter e simili) e gli strumenti di produttività (tipo Microsoft Office 365) sono supportate con percentuali fra il 57 e il 63%, ma solo sui device forniti dalle aziende. Le percentuali scendono sotto il 30% per gli strumenti mobili posseduti dagli utenti, che siano o meno approvati.
In sostanza, sembra che l’It aziendale abbia preso atto dell’esistenza di un “problema” Byod, ma per ora si limiti ad autorizzare solo l’accesso alla rete, senza però estendersi troppo all’utilizzo delle applicazioni di business e ai relativi dati. In generale, manca ancora una strategia, che dovrebbe inquadrare la problematica Byod in quella più complessiva legata alle unified communications (Ucc), vero oggetto dell’indagine Ovum-Dimension Data.
Prendendo in considerazione tutto l’universo Icc, in Italia risultano oggi già largamente adottate la telefonia su Ip (78%) e l’audio/Web conferencing (76%). Bene anche il supporto dell’instant messaging e degli strumenti di condivisione tipo SharePoint: “In generale, le Unified Communications vengono viste come un’opportunità strategica – commenta Roberto Dal Corno, managing director di Dimension Data per Italia e Spagna –. Pur in tempi difficili, esiste budget allocato in questa direzione ma i Cio saranno chiamato presto a dimostrare il ritorno sugli investimenti”.  

Cresce l’interesse verso il cloud
Per quanto riguarda i modelli di implementazione delle Ucc, prevalgono ancora nettamente le soluzioni on-premise, con una propensione, in alcuni ambiti (telefonia Ip, collaboration, audio/Web conferencing) a soluzioni ibrida con tecnologia in-house, ma gestione affidata a terze parti. Sta però salendo l’interesse per il cloud computing, soprattutto di tipo privato, già utilizzato o pianificato da oltre un terzo delle aziende. Più bassa l’adozione del public cloud, ma anche qui la tendenza è in crescita, anche in ambiti come l’Uc standard o l’instant messaging.
In linea con l’andamento del campione complessivo, anche in Italia i decision maker affermano di consultare gli utenti delle linee di business per la pianificazione degli investimenti, ma in buona misura decidono in proprio. L’indagine rileva come il dialogo non sia troppo evoluto e i decision maker non abbiano una conoscenza troppo approfondita del proprio target. Un 21% del campione, infatti, pensa che tutti gli utenti finali abbiano le stesse necessità e il 75% pensa che la base abbia familiarità con i client Uc, mentre solo il 42% degli utenti interpellati ha sentito parlare di queste tecnologie.
Comunque, le soluzioni di Unified Communications sono destinate a crescere già a breve termine. I progetti di social collaboration in Italia sono destinati a raddoppiare entro il 2015, mentre un 22% di grandi aziende ha dichiarato di aver pianificato investimenti Uc standard o mobili entro un anno.
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