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Donne e mercato del lavoro, siamo i peggiori in Europa

Dalla Convention Donne Impresa Confartigianato emerge il primato negativo italiano per donne inattive: 48,9%. Il welfare italiano non aiuta il lavoro femminile, siamo i peggiori nell'Ue: solo 1,3% del Pil la spesa pubblica per famiglia e maternità.

Tecnologie
In Italia  la partecipazione femminile al mercato del lavoro rimane tra le più basse d'Europa. Il tasso di inattività delle donne nel nostro Paese è del 48,9%, a fronte della media europea del 35,5%. Peggio di noi fa soltanto Malta.
Il dato emerge dall'Osservatorio sull'imprenditoria femminile curato dall'Ufficio studi di Confartigianato e presentato alla 13° Convention di Donne Impresa Confartigianato.
In pratica, siamo in ritardo di 23 anni rispetto all'Europa: il nostro attuale tasso di inattività delle donne è uguale a quello registrato nel 1987 dai Paesi dell'allora Comunità europea.
Le cose peggiorano, e di molto, nel Mezzogiorno: la  Campania, tra le 271 regioni europee, fa registrare il più alto tasso di inattività femminile: 68,9%. All'altro capo della classifica la Provincia autonoma di Bolzano dove il tasso di inattività si dimezza al 34,9%.
A livello provinciale la maglia nera va a Napoli, dove il tasso di inattività delle donne sale addirittura al 72,4%. Ravenna, invece,  conquista il primato  positivo della provincia con la più bassa percentuale di donne inattive: 30,7%.
A tenere distanti le donne dal mondo del lavoro vi è soprattutto il basso investimento in quei servizi di welfare che dovrebbero favorire la conciliazione tra attività professionali e cura della famiglia.
Anche in questo caso il nostro Paese è nelle posizioni peggiori della classifica europea. Secondo l'Ufficio studi di Confartigianato, con appena l'1,3% del Pil speso dallo Stato in interventi per famiglia e maternità cicollochiamo al 23° posto insieme con Bulgaria, Portogallo e Malta. In termini negativi ci batte soltanto la Polonia.
In pratica, in Italia la  spesa pubblica per famiglia e maternità è pari a 320 euro ad abitante, vale a dire 203 euro in meno rispetto alla media dell'Europa a 27. Le cose vanno diversamente nei maggiori Paesi europei che spendono più del doppio dell'Italia: la Germania investe per famiglia e maternità il 2,8% del Pil, la Francia il 2,5%. Il divario diventa enorme con i Paesi del Nord Europa: in Danimarca il 3,8% del Pil viene destinato a spesa pubblica per la famiglia, in Irlanda la quota è pari al 3,1%, in Finlandia e Svezia è del 3%.
Allarmanti i dati dell'Osservatorio di Confartigianato sulla carenza di servizi pubblici per l'infanzia (asili nido, micronidi o servizi integrativi): la percentuale di bambini fino a 3 anni che ne usufruiscono è del 12,5%, vale a dire appena  un terzo dell'obiettivo di Lisbona del 33% programmato per il 2010.
Non va meglio per i servizi di cura e assistenza agli anziani. L'indicatore esaminato  da Confartigianato  è dato  dalla percentuale di anziani trattati in assistenza domiciliare integrata (ADI) rispetto al totale della popolazione con 65 anni e oltre. Anche tale indice, in media nazionale, è sostanzialmente modesto e pari al 4,3%.
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