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Caso Vodafone-Skype, in ballo la Net Neutrality

Dopo la variazione delle tariffe operata da Vodafone, variazione che taglia i servizi VoIP via cellulare, Skype accusa il carrier di violare la Net Neutrality.

Tecnologie
Dopo la decisione di Vodafone di differenziare le offerte di connettività, ostacolando di fatto il libero accesso ai servizi VoiP di Skype da cellulare, la risposta dell'azienda sviluppatrice del famoso software non si è fatta attendere.
E ha tirato in ballo la Net Neutrality.
Sì perché, secondo Skype, la decisione di Vodafone viola le libertà degli utenti che per utilizzare i servizi VoIP, devono sborsare cifre aggiuntive. 
Vodafone, infatti, ha lancia una nuova tariffa che propone un accesso di tipo "premium", comprendente i servizi VoIP
I privati che d'ora in poi sigleranno un normale contratto con la compagnia telefonica o che hanno già un abbonamento settimanale, non potranno più effettuare chiamate via Skype.
Va da sé che quest'ultima ha fatto sentire la propria voce, perché Vodafone ha tagliato fuori un discreto bacino d'utenza per Skype.
Anche la violazione della Net Neutrality, invocata da Skype, in effetti sussiste.
Vodafone dal canto suo ha risposto con queste parole, riportate da sito web di Repubblica: "La priorità per la nostra azienda è la trasparenza: offriamo tariffe di ogni tipo e per ogni fascia di utenza. Alcune comprendono il Voip, altre no. Naturalmente, il traffico Voip ha un costo, ma è un tipo di servizio che può non interessare a tutti. Per questo tipo di clienti, ci sono offerte che non comprendono l'utilizzo del Voip, a costi inferiori rispetto a quelle che lo comprendono".
Skype vede nelle pratiche di Vodafone una differenziazione in base al costo, Vodafone semplicemente una serie di tariffe, alcune con più limitazioni, altre più "libere".
Di fatto, però, l'operatore regolamenterà i vari pacchetti di dati in modo diverso, a seconda del tipo e della tariffa. E questo, per quanto Vodafone si opponga, è una palese violazione della neutralità della rete.
Quando una questione simile successe in Usa, con Google e Verizon a discutere di possibili "corsie preferenziali" per i dati provenienti da utenti premium, l'opinione pubblica si sollevò a tal punto da costringere le due aziende ad una rapida marcia indietro.
BigG e il carrier compresero ben presto di aver commesso un errore madornale e dopo poco tempo si dichiararono a totale favore delle Net Neutrality, negando con vigore l'eventualità di una "prioritizzazione del traffico" a pagamento.
Ora siamo davanti ad un caso analogo e auspichiamo che le autorità comptetenti, a livello europeo come statale, facciano chiarezza su quello che può diventare uno dei peggiori mali del web.
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