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Diktat Ue, per chi lavora nel pubblico impiego tutti in pensione a 65 anni

Nel pubblico impiego l'equiparazione dell'età pensionabile tra donne e uomini a 65 anni deve essere fissata subito perchè anche un regime transitorio che porti a questo obiettivo rappresenta un trattamento discriminatorio ed è quindi inadeguato. Questo afferma la Commissione europea che manda al ministro Sacconi un'altra diffida.

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Nel pubblico impiego l'equiparazione dell'età pensionabile tra donne e uomini a 65 anni deve essere fissata subito perchè anche un regime transitorio che porti a questo obiettivo rappresenta ''un trattamento discriminatorio' ed è quindi inadeguato. Questo, in sintesi, quanto ha chiesto la Commissione europea che ha inviato oggi al ministro Sacconi un nuovo sollecito ad ottemperare alla decisone adottata nel 2008 dalla Corte di giustizia europea in base alla quale 'l'esistenza di età pensionabili diverse per funzionari pubblici uomini e donne viola il principio della parità di retribuzione'.
L'Italia, ricorda la Commissione, ha già introdotto nuove disposizioni per adeguarsi alla sentenza della Corte dopo l'avvio della procedura d'infrazione ma nella lettera complementare di costituzione in mora adottata oggi, la Commissione sostiene che ''le disposizioni varate dall'Italia - che porterebbero gradualmente nell'arco di otto anni a una equiparazione dell'età pensionistica - fa persistere il trattamento discriminatorio''.
Nel giugno 2009 la Commissione aveva inviato una lettera di costituzione in mora perché l'Italia non aveva adottato disposizioni giuridiche nuove che fossero in linea con la sentenza. Nella sua risposta alla Commissione l'Italia ha notificato il varo di nuove disposizioni che introducono gradualmente, fino al 2018, un livello di età pensionabile identica per tutti i dipendenti pubblici.
La Commissione ora  ritiene che  anche in conformità della giurisprudenza dell'UE tale misura transitoria continui ad applicare un trattamento discriminatorio e sia quindi inadeguata. La Commissione ha pertanto deciso di emanare un'ulteriore lettera di costituzione in mora all'indirizzo dell'Italia in forza dell'articolo 260, paragrafo 1, del TFUE, sollecitando le autorità italiane a ottemperare alla sentenza.
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