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Con Watson Ibm apre l’era del cognitive computing in Italia

All’evento Business Connect 2016 Ibm ha messo l’accento su quanto può fare la piattaforma Watson per la trasformazione digitale delle aziende

Trasformazione Digitale
Erede avanzata dei diversi tentativi di realizzare sistemi esperti e di intelligenza artificiale, la piattaforma Watson di Ibm ha l’ambizione di aiutare le imprese e le organizzazioni a mettere insieme tutte le loro informazioni conosciute o sepolte (dark data) nei vari repository per prendere decisioni intelligenti e previsioni che abbiano senso di business. 

Per la giornata italiana dell’evento Business Connect 2016 Ibm ha messo l’accento su quanto può fare la piattaforma per la trasformazione digitale delle aziende. Il nucleo infrastrutturale non visibile del passo in avanti nei sistemi cognitivi è la potenza di calcolo in cloud e per le attività di sviluppo del software applicativo un ruolo chiave lo giocano le API disponibili sulla piattaforma PaaS Bluemix che di appoggia a sua volta a SoftLayer
.Al centro dell’interesse – ma con poche novità- l’accordo ancora molto preliminare per portare in Italia le attività di sviluppo europeo della divisione Healthcare di Watson.
Come ha confermato Enrico Cereda, general manager di Ibm Italia, l’accordo focalizzato sulla sanità europea vale un investimento di 150 milioni. Ma il tema della giornata non era il settore pubblico, ma quello delle organizzazioni private. 

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Non sono mancati momenti spettacolari come la presentazione del robot umanoide NAO in versione Watson Advisor (con l’immancabile “effetto Siri” sulla platea) che ha fatto una breve analisi in tempo reale dell’audience dell’evento e ha dialogato con Michelle Unger, general manager Ibm Watson Group Emea. Watson è in grado di leggere e analizzare circa 300 milioni di pagine al secondo, una capacità che ha già trovato applicazione presso alcuni clienti di riferimento. I nomi sono quelli di North Face, di sistemi di call center fino al robot portiere di albergo Connie operante in Virginia nella catena Hilton.  E neppure sono mancati  squarci di futuro tecnologico possibile affidati ad Alessandro Curioni,  director Research Zurich Lab, che non ha mancato di sottolineare il recente annuncio che IBM  Research  per la prima volta metterà a disposizione degli utenti il quantum computing, consentendo loro l'accesso e l'esecuzione di esperimenti sul processore quantistico IBM.Ibm considera il quantum computing come il futuro della elaborazione, con il potenziale per risolvere diversi problemi non trattabili con i supercomputer di oggi. Questa piattaforma di quantum computing su cloud, denominata Ibm Quantum Experience, consentirà agli utenti di eseguire algoritmi ed esperimenti sul processore quantistico di IBM, lavorare con singoli bit quantistici (qubit) ed esplorare attraverso tutorial e simulazioni tutte le possibilità del quantum computing.  Il processore quantistico è composto da cinque qubit superconduttori e si trova presso il T.J. Watson Research Center di New York. Questo processore a cinque qubit rappresenta la più recente avanguardia nell'architettura quantistica IBM con scalabilità a sistemi quantistici più ampi. E’ attualmente la modalità principale verso la costruzione di un quantum computer universale. Un computer quantistico universale può essere programmato per eseguire qualsiasi attività computazionale, con velocità di elaborazione esponenzialmente superiori rispetto ai computer tradizionali per importanti applicazioni in ambito scientifico e industriale.  
Enrico Cereda ha fatto riferimento una ricerca di Ibm presso i CXO mondiali che hanno citato tre macroeffetti sul confine tra ICT e  business, riconoscendo che Ibm ha pienamente realizzato  la sua evoluzione interna - via dall’hardware e avanti con software e servizi - secondo questi  trend:
  • convergenza di diversi settori di mercato vero nuova attività sul mercato
  • modelli di business in cui non è l’azienda ad essere al centro , ma il suo ecosistema di partnership ( Apple e Vmware nel caso di Ibm che ha acquisito circa 160 aziende nel tempo)
  • ma soprattutto distruzione creativa e coraggio di cambiamento ”anche a costo di lasciare modelli di business affermati e ancora in fase positiva”.
 Insomma “il digitale non è un obiettivo, ma uno strumento di trasformazione per le organizzazioni". Nell’era del tutto digitale  a fare la differenza sarà la capacità di combinare le informazioni con l’abilità cognitiva: “Si apre l’era del cognitive computing”.  
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