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Il sogno troncato della Net Neutrality

Soprattutto dai provider americani giungono indicazioni che il concetto sia destinato a non avere un grande futuro. Quali scenari si prospettano?

Trasformazione Digitale
La Net Neutrality è di per sé un concetto che intende porre sullo stesso piano navigatori della Rete e fornitori di servizi, in base al principio che questi ultimi non debbano discriminare né gli utenti né i contenuti.
In sostanza, l’accesso a Internet deve essere unico e uguale per tutti. Certi operatori, però, non hanno mai visto di buon occhio il principio e ora spingono più del solito per cambiarlo. Una recente decisione della Giustizia americana stabilisce che le agenzie governative non hanno la competenza per costringere i fornitori a trattare il traffico Web in modo egalitario. Non è un caso che, a breve distanza da questo pronunciamento, il Ceo di Verizon, Lowell McAdam, abbia dichiarato che gli piacerebbe far pagare di più i giocatori online per il loro accesso a Internet, semplicemente perché consumano più banda rispetto a chi naviga e basta. 

Vantaggi e pericoli della differenziazione

La volontà degli operatori di far pagare prezzi differenti in funzione degli utilizzi non è di per sé un concetto nuovo. Viaggiare in prima classe o in economica comporta costi diversi e lo stesso vale per le ore del giorno in cui si usa l’elettricità.
La differenziazione permette alle imprese di distinguersi e di tarare i margini nel loro specifico contesto competitivo. D’altra parte, anche il consumatore può fare le proprie scelte in base a un panorama d’offerta differenziato, dove soppesare costi e soddisfazione dei bisogni.
Un utilizzatore classico potrebbe così sfruttare la disponibilità di un’offerta base mano cara, lasciando ai grandi consumatori di banda la decisione se pagare di più per continuare a usare più massicciamente la Rete. La differenziazione, però, non è spesso a vantaggio degli utenti finali. In questo caso, il rischio è di arrivare a una situazione nella quale le imprese che vogliono creare una posizione dominante si accaparrino il controllo totale di certe tipologie di accesso, con integrazione verticali od orizzontali. È il caso dell’alleanza recente fra Comcast e Netflix, che crea un accesso privilegiato per gli utenti della prima ai contenuti della seconda. È nella natura di un’azienda commerciale puntare ad accrescere la propria potenza in rapporto ai concorrenti e offrire servizi migliori a chi è in grado di pagarli. Come accade già in diverse situazioni di dominio o di cartello, i prezzi finirebbero per essere imposti, senza alcuna contropartita. 

L'equilibrio precario fra mercato e diritto

Se si verificasse una situazione di questo genere, si potrebbe a buon diritto parlare di abuso di posizione dominante. Gli Stati, in molti casi, avrebbero quindi gli strumenti per agire in senso correttivo. Ci sono però settori che sono parzialmente riusciti a sfuggire ai controlli, soprattutto in regime di oligopolio: nel campo del traffico mobile o dell’energia, i provider fanno regolarmente pagare prezzi differenti in relazione ai servizi offerti.
Per far sì che la situazione volga a favore dei consumatori, occorrono controlli attenti, ma non è infrequente che la pressione competitiva abbia portato all’abbassamento generale dei prezzi e a un’offerta correttamente differenziata per orientare le scelte.
Internet è finora sfuggita a questa logica soprattutto perché si tratta di una tecnologia ancora relativamente giovane. Ma ormai i valori in gioco sono enormi, come dimostrano i 19 miliardi di dollari spesi da Facebook per acquisire WhatsApp. Quindi, il tempo dell’anarchia ideale sta per lasciare il campo a quello della maturità, con tutte le conseguenze del caso.
Alla fine, dovrà essere il sistema delle norme ad adeguarsi alla nuova realtà, per garantire una situazione di diritto, pur in un contesto che tenderà a differenziarsi. Internet non potrà più sottrarsi alle leggi del mercato (che piaccia o meno), ma occorrerà evitare in tutti i modi che i soliti poteri forti dettino le regole a loro vantaggio.
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