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La diffusione del cloud fa leva sulle applicazioni

Dal confronto fra la visione degli specialisti e le esperienze degli utenti, Oracle offre spunti per capire come evolvere e quali vantaggi attendersi.

Cloud
Non è più il tempo delle definizioni e nemmeno quello dei ripetitivi proclami. Il cloud sta entrando nelle pratiche quotidiane delle aziende, magari lentamente ma inesorabilmente. Se affrontato in termini infrastrutturali, la diffusione, almeno in Italia, è ancora limitata a una cerchia di grandi aziende, che hanno per ora scelto la via del private cloud per far evolvere la fruizione dei servizi It all’interno del proprio perimetro di business.
Su scala più ampia, tuttavia, la rivoluzione dovrebbe avvenire dal basso, ovvero dalle applicazioni, alcune delle quali, come la posta elettronica, i social media o il Crm, sono già ampiamente diffuse nelle pratiche delle aziende e anche dei singoli individui. Una conferma di questa tendenza arriva dai dati presentati da Boston Consulting Group nell’ambito dell’Oracle Cloud Applications Day, da poco tenutosi a Milano. Secondo l’analista Fabrizio Pessina, il mercato dei servizi cloud in Italia valeva, a fine 2012, 419 milioni di euro, ma è destinato a lievitare fino a quasi 1,4 miliardi nel 2015, trainato sia dagli investimenti infrastrutturali che da quelli nel software-as-a-service, che varranno rispettivamente 702 e 599 milioni di euro: “Il cloud privato è di fatto già una realtà, il mondo PaaS inizia a muoversi, ma il vero mondo da scoprire è quello che sta sopra”, è il commento dell’esperto di Boston Consulting Group.
Se lo stimolo iniziale all’investimento nasce essenzialmente dalla necessità di ridurre i costi e parte da funzionalità non core, iniziano a concretizzarsi anche in Italia esempi di progetti capaci di guardare oltre, ossia verso sviluppi più rapidi, efficienza nella fornitura di infrastruttura o servizi e accesso a funzionalità non disponibili e onerose da generare internamente. È il caso, ad esempio, di Del Monte, che ha rivoluzionato la propria supply chain, ottenendo una riduzione del lead time fra ordine e spedizione a 24 ore, riducendo del 56% i costi di shipping e del 28% quelli di stock. Ma anche Tata ha potuto sviluppare una piattaforma per servizi finanziari a un costo di 20-30 volte inferiore rispetto al “fatto in casa” e Terapeak ha potuto migliorare la propria attività commerciale lavorando sull’aggregazione e l’analisi avanzata dei dati. 

Le conferme degli utenti italiani

Il Cloud Applications Day è ovviamente servito a Oracle per fornire ai partecipanti la propria visione complessiva sul tema, ma l’occasione è stata utile per capire gli orientamenti dell’utenza italiana dalla viva voce di alcuni rappresentanti messi a confronto. In generale, è arrivata la conferma che il punto di partenza degli investimenti è legato a qualche applicazione specifica, non esattamente centrale per il business delle aziende.
oracle-cloud-day-2013-2.jpgAcquirente Unico (società garante della fornitura di energia elettrica agli utenti del mercato tutelato), per esempio, è partita nel 2009 portando sulla nuvola il Crm, allo scopo di “ridurre le spese e far leva sulla flessibilità della soluzione per far fronte a prospettive incerte”, ha ricordato il direttore dei sistemi informativi Sergio Di Carlo. Illy Caffè, invece, ha messo in cloud i servizi Web più quelli on demand per la sede americana e ora sta implementando il Crm, con la tecnologia RightNow di Oracle: “Non tutto si presta alla migrazione – ha specificato il Cio Paolo Daperno -. I mondi del Web, del Crm e della gestione delle risorse umane sono già pronti, mentre è difficile pensare che si possa arrivare agli stabilimenti, dove occorrerà sempre un controllo interno totale”.
Secondo Boston Consulting Group, i principali fattori di freno all’adozione del cloud sono legati all’architettura applicativa, all’impatto sull’organizzazione e agli aspetti di compliance e sicurezza. Qui le aziende intervenute hanno fornito un’opinione in parziale controtendenza: “Non si può pensare di essere sicuri nemmeno in un ambiente autarchico – ha commentato Daperno -. Il tema va certamente gestito, ma non può condizionare i processi innovativi”. Di Carlo ha aggiunto che “la problematica va affrontata entrando un po’ a gamba tesa, prestando attenzione a come si trattano i dati e a chi li maneggia”. Sull’argomento è intervenuto anche Luca Giuratrabocchetta, country manager di Google Enterprise Italia, che ha sottolineato l’importanza della cosiddetta separation of duty, che “regola l’accesso in modo preciso e fa sì che non si possa far nulla delle informazioni che si trattano. Quando si opera la scelta del provider, è bene sapere con precisione quali siano le policy in materia di sicurezza”. 

Primo piano sulla customer experience

La risposta di Oracle ai temi evidenziati da analisti e utenti si sintetizza nella missione stessa dell’azienda, enunciata da Giovanni Ravasio, applications country leader della filiale italiana: “Siamo impegnati sul fronte cloud per rendere fruibili alle aziende le applicazioni di business e le tecnologie best-of-breed via browser”. L’azienda ha strutturato una proposta applicativa che copre aree come la gestione del capitale umano, l’Erp, la supply chain, l’enterprise performance management e la customer experience. François-Xavier Leclercq, vice presidente Emea Applications e Bi, ha puntato l’attenzione soprattutto su quest’ultimo tema, rilevando come si tratti di una priorità enunciata per la maggior parte dei top manager, ma esista ancora un consistente gap esecutivo, tant’è che solo il 38% delle aziende ha avviato una formale iniziativa sulla customer experience e solo il 16% la ritenga avanzata: “Il nostro portafoglio di offerta in quest’ambito è completo – ha sottolineato il manager – e spazia dal marketing alle vendite, dall’e-commerce ai servizi, fino ai social media, con strumenti che abilitano il lavoro dalle postazioni tradizionali come in mobilità, per supportare il massimo coinvolgimento della clientela nei confronti dei brand dei nostri clienti”.
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