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Pa Digitale: do more with less

Digitalizzare, mantenendo inalterato il sistema di regole e processi, significa digitalizzare l’inefficienza. Le sifde della PA negli interventi di Consip e Confindustria

Mercato e Lavoro
Fare di più con meno, è questo uno dei temi trattati nel corso di un convegno del Forum PA. Più a facile a dirsi che a fare. Ma d’altra parte non è quanto oggi è richiesto a tutte le organizzazioni, pubbliche e private? Per la Pubblica Amministrazione la questione, inutile dirlo, è quanto mai complessa. Non vuol dire, e appare del tutto irrazionale, parlare di sola digitalizzazione. Digitalizzare, aumentando inalterato il sistema di regole e processi, significa soltanto digitalizzare l’inefficienza.
Gli investimenti devono essere coerenti con una profonda riforma strutturale e infrastrutturale altrimenti si rivelano del tutto o in parte inutili. Lo stato in cui versa oggi la PA italiana ne è la dimostrazione più evidente. Basti pensare che in Europa siamo al 25mo posto su 27. Dopo di noi sola la Grecia e Cipro. Lo svantaggio competitivo è grande. E non basta la volontà di molte persone, sia nelle amministrazioni centrali sia in quelle locali: senza una governance reale e indirizzi unitari l’impegno dei singoli è vano.
In tema di razionalizzazione della spesa pubblica, Domenico Casalino, amministratore delegato di Consip, dice che grazie ad interventi conseguenti la politica di spending review si sono riusciti a raggiungere risultati incoraggianti. “E’ vero, negli ultimi dodici anni si è assistito a un progressivo incremento della spesa, ma nel 2012 siamo riusciti a contenere la spesa con un risparmio. Ma l’acquisizione di maggiore efficienza non può essere conseguita con i soli tagli. Serve una vera riqualificazione degli investimenti”.
Perché è difficile fare di più con meno? Casalino considera che il problema di fondo sia nella criticità che caratterizza l’attuale ciclo di approvvigionamento. “Troppa frammentazione, nessuna standardizzazione. E gli effetti di tale situazione appaiono del tutto evidenti. Fare una gara d’appalto richiede un anno e costa da 5 a 50 mila euro. Una gara di piccole dimensioni brucia un milione e 100 mila euro per appaltare un milione. Esiste una opportunità e un punto di equilibrio dei costi che può essere traguardato attraverso l’utilizzo dell’e-procurement, una migliore organizzazione dei processi e una reale ed efficace politica di controllo”.
“La gestione della domanda della PA – prosegue Casalino - è regolata da numerose complessità e per riuscire a operare al meglio occorrono competenze economiche e giuridiche che non sempre sono presenti. Occorre ragionare sul time to market. I tempi di aggiudicamento di una gara sono troppo lunghi e sono aggravati da continui ricorsi che ne ostacolano l’iter processuale allungandone ulteriormente la risoluzione”.
Secondo Casalino  serve instaurare una programmazione di intervento. Serve creare un sistema a rete con un reale coordinamento. “Quanto messo a punto fino a questo momento può essere migliorato. Con una maggiore efficienza nell’acquisizione si possono ottenere risparmi e, questi ultimi, essere il presupposto per investire in innovazione".
Casalino valuta che le potenzialità di risparmio possa essere dell’ordine del 50%. E’ però necessaria una seria programmazione e una riorganizzazione dei processi sottostanti. Inutile dirlo, è in gioco il ruolo dell’ICT come motore dell’innovazione. "Per raggiungere questi obiettivi – conclude l’ad di Consip - si deve prevedere la creazione di un responsabile unico degli acquisti. Oggi, nella dimensione globale della PA esistono migliaia di buyer. Troppi”.
Quale contributo può dare l’industria italiana dell’ICT? Si chiede Stefano Parisi, presidente di Confindustria Digitale. “E’ innanzitutto essenziale definire un rapporto domanda-offerta con una visione condivisa. L’evoluzione dell’agenda digitale rende implicita una trasformazione della domanda, ma questa trasformazione rimane inattesa se non cambia contestualmente anche la formulazione dell’offerta. Per realizzare interventi che abbiano un valore reale, quanto meno nel medio periodo, si deve fare gioco di squadra. Industria, Consip e Agenzia devono lavorare di comune accordo. Importante è la condivisione di best practice a livello worldwide e rendere coerenti gli interventi con le sfide che il paese sta in questo momento sostenendo. L’errore – dice Parisi - è  essere troppo avulsi da obiettivi e problemi generali. Si parla poco dell’emergenza del paese, parliamo troppo tra addetti ai lavori e offriamo poche soluzioni. Produttività , costi, efficienza, occorre andare verso un nuovo modello di servizio e pervadere tutte le attività della PA in modo coordinato".
Prima i servizi o le infrastrutture? "Serve uno sviluppo parallelo, dice Parisi. Si deve concentrare il lavoro su tre aree: infrastrutture, architetture dati condivisi e nuovi processi. Solo così potremmo avere servizi evoluti. La realizzazione dell’anagrafe nazionale è un punto nevralgico di snodo: significa passare dall’inefficienza del modello multicentrico all’efficienza di un sistema centralizzato federato che permetta di gestire il documento digitale unificato e contestualmente sviluppare nuovi servizi da parte della PA”.
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